Past Lives – Recensione

E niente, la nouvelle vague coreana continua a mietere successi cinematografici e a dettare la linea al nuovo cinema d’autore mondiale. Past Lives, debutto alla regia di Celine Song, esce in Italia nel giorno di San Valentino. Ma è romantico un film che parla di rimpianto, del caso, dell’inconsapevolezza con cui compiamo scelte fondamentali per la nostra (in)felicità? In coreano il concetto si esprime in In-yun, apparentemente intraducibile in altra lingua ma è evidente che una delle finalità del film sia proprio quella di avvicinare lo spettatore occidentale ad un aspetto peculiare della cultura asiatica.

La trama. Due bambini coreani si “innamorano” ma lei deve trasferirsi in Canada con la famiglia. Dopo 12 anni e grazie agli onnipresenti social network e sistemi di videochiamata si rincontrano e si “rinnamorano”. Passano altri 12 anni, le loro vite sono andate avanti seguendo una linea retta e i due finalmente si rivedono a New York dove lei vive ed è sposata con uno scrittore americano. Cosa succederà? Vincerà il rimpianto o la voglia di prendere in mano la propria vita cedendo la gloria in cambio della passione?

Film stilisticamente ed esteticamente perfetto: la fotografia è in grado di ipnotizzare lo spettatore ed alcune scene sembrano dei quadri che rappresentano la vita quotidiana (seppur in città affascinanti come Seoul e New York). Il ritmo è lento il giusto per un film che ambisce a collocarsi nel settore autoriale ed impegnato. Un film che appare destinato a rimanere nell’immaginario del pubblico, come i suoi possibili omologhi ipertestuali: Sliding Doors, Lost in translation, LaLa Land e Perfect Days.