Il viaggio (dorato) di Mancini in Arabia Saudita

Un diluvio di parole si abbatte sui lettori di giornali sportivi in questa estate 2023: Roberto Mancini lascia l’Italia e va in Arabia Saudita. Lo fa con una email certificata pochi giorni prima di ferragosto, lasciando i dirigenti ed i tifosi italiani perplessi ma anche con un senso di liberazione. Il suo ciclo da c.t. era chiaramente terminato dopo la mancata qualificazione ai Mondiali 2022. La FIGC aveva comunque tirato dritto, rinnovandogli fiducia e conferendogli incarichi da supervisore delle nazionali giovanili. Sin dai primi minuti post-dimissioni si inizia a vociferare che Mancini abbia un’offerta incredibile dall’Arabia, informazioni che i normali tifosi non possono avere e quindi sicuramente provenienti da fonti molto attendibili. Inizia il dibattito: ha fatto bene? Ci ha tradito? Si fa così? La stampa prende una posizione netta, condannando la fuga di Mancini, i modi e i tempi, la mancanza totale di stile e lealtà. Ma c’è davvero da stupirsi? Tutta la carriera di Roberto Mancini è fatta di fughe, di cambi in corsa, di colpi di scena e di generale mancanza di linearità.

Tralasciando la pur tribolata carriera da calciatore, di cui ancora si narrano gli scazzi con Bearzot, il pessimo rapporto con la maglia azzurra e le zero presenze a Italia 90, la corte di Moratti per strapparlo alla Sampdoria, il passaggio alla Lazio e i pochi mesi al Leicester, l’esperienza da allenatore inizia nel 2001 alla Fiorentina sprovvisto di patentino di I categoria e con una precedente esperienza nella stessa annata come allenatore in seconda di Eriksson alla Lazio (in Italia un allenatore non può sedere su due panchine durante la stessa stagione). Praticamente due deroghe per permettergli di iniziare la carriera. Il passaggio alla Lazio e poi all’Inter, ricoperto d’oro da Moratti e lasciato (anche qui per il sollievo degli interisti) in diretta televisiva dopo un’eliminazione in Champions League contro il Liverpool (indelebili nella memoria dei tifosi le tremende figure contro Valencia e Villareal).

Anni dopo il ritorno all’Inter esercitando pochi mesi prima una clausola liberatoria con il Galatasaray, club con cui lavorava da pochi mesi. Due anni tribolati con i nerazzurri e poi l’esilio verso San Pietroburgo, dove si dimette il 13 Maggio 2018 per firmare con la Nazionale Italiana il 14 Maggio 2018. Di pochi giorni fa il passaggio all’Arabia Saudita, una nazionale che non può competere per blasone e livello tecnico con l’Italia.

Una carriera da tecnico costellata da ripensamenti, colpi di umore, cambi in corsa, irrequietezza: questa volta ha prevalso, evidentemente, l’aspetto economico. Non ci sentiamo di biasimarlo ma rimane la sensazione di amore tradito da parte dei tifosi italiani. E magari immaginiamo tra qualche anno Roberto Mancini seduto su una nuova panchina esotica e milionaria.

One thought on “Il viaggio (dorato) di Mancini in Arabia Saudita

  1. Mancini è rimasto sempre quello che era a 20 anni. Un presuntuosetto di talento che spesso se ne va in fumo, come quando ad Euro88, al suo goal, decise di insultare ma tribuna stampa, per qualche articolo scomposto nei suoi confronti, o quando l’ultimo anno alla Samp, davanti all’ennesima partita giocata male, rimbrottava un tifoso che l’aveva giustamente fischiato. Personaggio che sinceramente non manca. Giocatore che per il uso carattere ha avuto meno fortuna, non solo nella nazionale, di quella che avrebbe meritato. Intelligente nel capire, che in un mondo marcio, come l’Italia e il calcio italiano, quello che conta è avere gli agganci giusti. Gli anni romani e “i romani” , gli servirono. Almeno ha avuto la compiacenza di ringraziare Paolo Mantovani quando vinse gli europei.

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