Mezzi di comunicazione tradizionali e Social network

Il decennale dibattito su chi sia più influente tra mezzi di comunicazione tradizionali di massa e social network è arrivato ad un punto di svolta dal 2020. Gli eventi hanno portato la popolazione mondiale a chiedere un incremento di informazione seria e qualificata, a fronte di un’offerta di difficile interpretazione e decodifica da parte del grande pubblico.

La pseudo-rivoluzione dei social ha permesso a tutti gli utenti in possesso di uno smartphone e di un account su una o più piattaforme di accedere ad una miniera (non d’oro) di informazioni, testi, video, foto provenienti da ogni angolo del mondo in tempo reale. E, cosa davvero rilevante, di interagire con essi. O meglio, illudersi di interagire. Condividere, commentare, insultare, approvare contenuti e opinioni su temi di interesse globale è solo una sciocca illusione di partecipazione alla vita sociale. Semmai è solo vita social. Che tuttavia prevede una circolarità, uno scambio apparentemente alla pari, dove anche le stupidaggini del professore di turno possono essere messe in discussione da chi fa un mestiere manuale. O viceversa, dopo le opinioni eleganti di un filosofo, uno storico, o uno psicologo vengono banalizzate e irrise da chi è a secco di qualunque forma di coscienza, autocoscienza, nozione culturale o istruzione.

L’utente medio, il cittadino medio, appare comunque indifeso di fronte alla mole di informazioni da processare e dopo l’impeto di partecipazione si ritira confuso nella sua caverna.

Qui entrano in gioco i mezzi di comunicazione tradizionali. Le scelte editoriali, i “servizi”, le idee e le opinioni hanno una sola direzione, da A verso B e non permettono una possibilità di contradditorio immediata, perlomeno non pubblica. Un classico esempio di comunicazione verticale. L’impeto dell’utente-consumatore dura un paio di secondi, ma soccombe di fronte alle continue ripetizioni e suggerimenti da parte dei mezzi di comunicazione di massa tradizionali (TV e giornali). Per questo capita di trovare il parrucchiere ripetere quello che ha sentito in TV sulla guerra in Ucraina, o l’operaio che sistema la tapparella affermare che la mascherina all’aperto sia di vitale importanza per la salute, nonostante autorevoli pareri non riportati sui mezzi tradizionali affermino il contrario o perlomeno ne mettano coscientemente e senza pregiudizi in discussione la portata fideistica.

Per questo essi avranno un’importanza sempre maggiore, a prescindere dal loro fatturato e dagli introiti per mezzo delle inserzioni pubblicitarie. Il potere ed il ruolo delle TV e, in minor parte dei giornali, è quello di indottrinare senza contraddittorio. Il social rimane solo una scatola vuota per sfogarsi, come urlare “Aiuto” in un tunnel senza via d’uscita.