William Atkins – Un mondo senza confini

SINOSSI di Adelphi

Un terzo delle terre emerse è costituito da deserti, in gran parte desolati e inospitali. Perché un ambiente così ostile ci affascina da sempre? Quali corde profonde fa risuo­nare in noi il luogo metafisico per eccellen­za, dove terra e cielo si confondono, dove la vita umana è appesa a un filo? Animato dallo spirito di avventura dei grandi esplo­ratori del passato, e spesso armato dei loro libri per ripercorrerne le tracce, William Atkins ci conduce alla scoperta di un mon­do che è tanto interiore quanto fisico. E mentre ci offre il resoconto di sette viaggi compiuti nelle regioni desertiche più re­mote, meravigliose e spietate al tempo stes­so – dal Quarto Vuoto dell’Oman al Victo­ria australiano, dal deserto del Gobi a quel­li degli Stati Uniti -, ne descrive l’ecosiste­ma, la geologia, la flora e la fauna, i popoli che li abitano e la storia che li ha modella­ti, dalle trivellazioni petrolifere ai test nu­cleari, fino agli odierni raduni hippie. Ma Atkins non è soltanto un trascinante nar­ratore di viaggi: il deserto è qui esplorato anche come strumento di connessione pro­fonda con noi stessi e con la natura, mani­festazione ultima dell’immobilità e del si­lenzio. Una visione che del deserto trasmet­te tutta l’immensità – e ci ricorda che, anche in un mondo dove ogni paesaggio è dispo­nibile con un click, avventura e scoperta, so­litudine e isolamento sono ancora possibili.

Pioneer 10: Il viaggio più lungo

Affascinante messaggio in bottiglia lanciato dagli uomini nel 1972. La placca inserita sulla nave spaziale Pioneer 10 serve a parlare di noi a civiltà non umane lontanissime. Con ogni probabilità la missione della Pioneer 10 sopravviverà all’esistenza dell’uomo stesso e forse un giorno verrà intercettata da altre forme di vita intelligenti.

Per maggiori informazioni sulla missione Pioneer 10. Per maggiori informazioni sulla placca.

Gli ultimi aggiornamenti sulla missione.

Bibliografia: Carl Sagan, Contatto cosmico, Rizzoli Editore, 1975.

Osvaldo Soriano – Artisti, pazzi e criminali

Presentazione editoriale della casa editrice Sur.

Il duo comico formato da Laurel e Hardy, il politico Juan Domingo Perón, il compositore Lucio Demare, gli sportivi Obdulio Varela e Sonny Liston, l’imprenditore Johann Suter e l’assassino Carlos Robledo Puch sono solo alcuni degli incredibili nomi che animano le pagine di Artisti, pazzi e criminaliuna selezione degli articoli più iconici di Osvaldo Soriano riuniti in un unico volume dallo stesso autore nel 1983. Sedici brani in cui i protagonisti emergono dalle pagine come delle figure moderne e umanissime – spesso tragiche e contraddittorie – il cui successo è divenuto tristemente sinonimo di violenza, solitudine e rovina.

Senza rinunciare all’immancabile ironia e allo spirito critico che sempre lo contraddistingue, Osvaldo Soriano ci accompagna in un viaggio che ripercorre le tappe fondamentali della sua carriera. E, affiancando alle vicende dal respiro internazionale i profili di alcune fra le più famose ed enigmatiche personalità della storia argentina, ci racconta, come nessuno ha saputo fare meglio, le atrocità e gli splendori degli anni Settanta.

Vantaggi di viaggiare in treno – Antonio Orejudo

“Vuole che le racconti la mia vita?” A fare questa domanda è lo psichiatra Ángel Sanagustín, e ad ascoltarla l’agente letteraria Helga di ritorno dalla clinica dove ha appena lasciato in cura il marito. La narrazione inizia sulle avventure e peripezie di Martín Urales de Úbeda, un paranoico ex soldato che nei Balcani ha assistito ad abusi e a sevizie, e che oggi vive senza un braccio in una casa nei pressi di Madrid sommersa di rifiuti perchè crede nei complotti della lobby dei netturbini.

Da questo momento il ritmo è incessante e senza pause, simile ad un flusso di coscienza, una fluidità di racconto che tiene il lettore con gli occhi fissi sulla pagina. Una trama labirintica che si riavvolge su sé stessa, senza tuttavia perdersi in contorsionismi indecifrabili, capace di offrire passaggi durissimi a tinte pulp e una buona dose di “arrosto” contenutistico soprattutto a livello psicologico-psichiatrico. La fruizione del libro è immediata, non è fondamentale distinguere la realtà dalla finzione e soprattutto la differenza tra delirio psichiatrico e “normalità”.

Orejudo scrive un romanzo ma le sue pagine potrebbe essere un saggio su cos’è oggi il romanzo postmoderno.

Perchè scopro l’esistenza di questo libro del 2000 solo oggi? Perchè leggo questo romanzo solo nel 2024? Il libro è stato pubblicato in Italia nel 2022 da Alessandro Polidoro Editore, dopo aver avuto un ottimo successo editoriale in Spagna nei decenni precedenti, ed è stato subito amore. Dal romanzo è stato anche tratto un film.

Ram Pace – Educazione indiana

Se siete in cerca di un romanzo di formazione, avete trovato il libro che fa per voi. L’opera di Ramchandra (Ram) Pace va anche oltre tale definizione, essendo un lavoro che in controluce analizza anche il difficoltoso rapporto con i genitori, facendosi domande che appaiono più che legittime per il vissuto di un figlio che ha subito due abbandoni: il primo da parte della mamma in età prescolare, il secondo da parte del padre, ripetuto a più riprese nel corso dell’adolescenza. Il libro è reso ancor più prezioso per chi vuole approcciarsi delicatamente alla complessa (per gli occidentali) cultura induista e alla stoica povertà materiale di milioni di persone che popolano il continente (struggenti alcuni passaggi nel mezzo delle discariche di Delhi, con sorridenti bambini che rovistano tra le montagne di rifiuti e dignitosi indiani nullatenenti che offrono caramelle in dono ai Baba).

Ram nasce da due genitori dalla forte personalità, alla perenne ricerca di loro stessi e dello scopo della loro esistenza; genitori troppo concentrati sulla ricerca per dedicare le giuste attenzioni che meriterebbe un bambino. Il romanzo inizia a Londra, dove il protagonista vive con la mamma la sua infanzia all’interno di una comunità popolata da persone con malattie mentali: i primi ricordi di Ram descrivono “folli e schizofrenici”. Tornato a Roma con l’affidamento al padre, Ram parte per un viaggio in India e vive esperienze incredibili per un bambino occidentale; leggerezza e incoscienza lo portano a dare un senso ed un significato a quei lunghi mesi nei villaggi dell’India orientale.

Non c’è solo rancore o risentimento nei confronti dei genitori, persone capaci di dare al figlio una cultura non convenzionale ed un’educazione fuori dagli schemi occidentali (“Educazione indiana”, appunto), tuttavia la bussola metaforica lasciata dai genitori (in particolare dal padre) non è sempre sufficiente a Ram per orientarsi nelle difficoltà quotidiane della vita di chi resta a Roma: una casa che è una comune popolata da freak ma anche da persone interessanti, senza riscaldamento, con infestazioni periodiche di topi, impianti elettrici e fognari fatiscenti. Senza contare l’aspetto emotivo ed esistenziale di un adolescente che si misura con la ruvida ma comunque generosa periferia romana: un vissuto che lo accomuna a tanti ragazzi che a cavallo degli anni 90 e 2000 sono cresciuti tra centri sociali, cannabis, cineforum e musicassette.

Ram trova la sua strada, la sua realizzazione professionale e personale, portandosi sempre dietro un sentimento ambivalente nei confronti dell’istrionico padre (ormai Baba Pace) e dell’assente madre: visti i risultati conseguiti, viene da chiedersi se alla fine i genitori non abbiano svolto un lavoro prezioso e tangibile per il tormentato Ram.

Prima della pubblicazione del libro, Ram Pace (filmmaker professionista) ha realizzato un documentario autobiografico tra l’Italia e l’India, Samsara diary (qui il link https://www.youtube.com/watch?v=rHBkaUjW7OA ).

Alessandro Leogrande – Fumo sulla città

Saggio arioso in stile Gomorra per il compianto Leogrande, morto improvvisamente nel 2017 nel pieno della sua carriera di giornalista e scrittore.

Fumo sulla città narra la Taranto a cavallo del millennio, quando Arcelol Mittal non era ancora Ilva ma Italsider. Da tarantino Leogrande portava all’attenzione del dibattito nazionale il fenomeno Italsider, anticipando quello che sarebbe diventato un tema di interesse generale ancora oggi in cerca di una soluzione accettabile. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, Taranto si trasforma e ricrea un nuova identità passando da centro di produzione bellica e militare a capitale della siderurgia pesante Europea, con la conseguente immigrazione dalle regioni limitrofe di contadini alla ricerca di un lavoro fisso. Lucido è Leogrande quando descrive storture del mostro industriale Italsider, l’inquinamento asfissiante e le mancate manutenzioni, i modelli funzionanti tedeschi mai applicati e la palazzina Laf: il mobbing prima del mobbing.

Non solo fumo e inquinamento: Leogrande disegna la geografia umana e l’antropologia urbana del centro storico della città dei due mari, con le sue difficoltose condizioni di vita che riguardano strati consistenti di popolazione; la nascita del quartiere Paolo VI negli anni 60, con in Pontefice che celebrò messa all’ombra degli altiforni, un territorio ancora oggi in cerca del genius loci; l’ascesa politica di Vincenzo Cito, sindaco e profeta della città per diversi lustri, amato dalle fasce popolari e osteggiato dalla borghesia illuminata; l’ingenua illusione vissuta dai tarantini progressisti con Ippazio Stefàno, il sindaco pediatra che girava per la città con la pistola nei pantaloni.

Un testo prezioso per chi vuole avvicinarsi alla comprensione di una delle città più affascinanti del Mediterraneo.

Racconti di due Americhe

Storie di disuguaglianza in una nazione divisa è il sottotitolo della raccolta curata da John Freeman. I contributi in prosa (la maggioranza), in versi ed anche grafici di diversi autori fungono da frammenti variopinti e incisivi per la tela immaginata da Freeman. Un lavoro moderno per la sua struttura letteraria (non è una semplice raccolta) e per la sua tesi di fondo: pur tenendo ben presente le differenze socio-economiche tra gruppi etnici, il libro non vuole essere una banale dicotomia tra i bianchi-cattivi e le minoranze-buone, e affronta la complessità del tema con delicatezza ed efficacia.

Nessun buon selvaggio latino, nero, asiatico o nativo popola il continente americano, le difficoltà dei cittadini dettate da una società basata sulla ricchezza (e sulla povertà) individuale sono trasversali seppur con evidenti sbilanciamenti a favore dei bianchi. Trovare una casa in affitto, pagare un mutuo per evitare il pignoramento dell’immobile, finanziarsi gli studi in un’università (più o meno) prestigiosa, sono temi universali ma con un grandissimo impatto sociale ed emotivo in America.

Gli autori evitano l’autocommiserazione anche se toccano le corde dell’emotività con narrazioni (anche) autobiografiche, e per questo dall’indubbio valore neorealista.

La nazione risulta sicuramente divisa: le mille luci di Manhattan famigliari al turista europeo appaiono lontanissime dalle tendopoli delle periferie delle metropoli della costa West, le stelle di Hollywood solo uno specchietto per chi vive nei trailer-camp sparsi lungo tutto il territorio statunitense. Il fatto che negli Stati Uniti sia ampiamente diffusa tra la popolazione una povertà a tratti spaventosa viene riportato in maniera chiara, forte e impeccabile.

Freeman coordina autori non canonici per lasciare al lettore un libro che nel suo insieme è un ritratto neorealista del paese a stelle e strisce, e il cui alto valore letterario viene perfettamente reso nella traduzione italiana di Federica Aceto.

Pajtim Statovci – Le transizioni

Cercate una lettura fluida per l’estate? Avete voglia di un romanzo di formazione? Vi interessate anche di mitologia albanese?

Se avete risposto sì ad una di queste domande, non potete non considerare di leggere questo libro.

Pajtim Statovci, enfante prodige della letteratura finlandese di origine kosovara (ramo albanese), ha scritto nel 2016 Le transizioni.

Il protagonista Bujar è in cerca di una forma per la sua identità frammentata di albanese devastato dalle miserie e dalle infimità della patria. Il suo viaggio per il mondo tocca Roma, Madrid, New York, Helsinki, luoghi in cui Bujar smette di essere un uomo albanese per riscrivere ogni volta la sua storia e la sua sessualità: un italiano gay in Finlandia, un etero con fidanzata amorevole a Madrid, un trans che partecipa ad un concorso musicale. A nessuno importa più di tanto la storia dell’altro, nazionalità e sessualità sono dettagli personali solo strumentali per intavolare relazioni basate sulla falsità e sulla menzogna. I sentimenti invece sono autentici, come reale è la profonda sofferenza psichica dell’umanità che incontra Bujar: lui sembra in cerca di consolazione ma si trova a fronteggiare depressioni più grandi dell’Adriatico.

Punto di partenza e immancabile punto di arrivo l’Albania, il luogo dell’infanzia (in)felice, custode di un’identità basata sui miti narrati dal del padre del protagonista.

Luigi Cancrini – L’oceano borderline

Letture impegnative nonché interessanti. Per ora presentiamo l’introduzione editoriale in seconda di copertina.

La parola borderline ha un uso sempre più vasto: tra i professionisti della salute mentale e nel parlare comune della gente. Secondo Luigi Cancrini ciò è dovuto al fatto che lo spazio occupato dalle situazioni di sofferenza legate a un funzionamento borderline della mente è molto più ampio (l’oceano) di quelli occupati dalle nevrosi e dalle psicosi (i continenti che dall’oceano sono separati). Il libro discute inizialmente i diversi significati che al termine borderline sono stati dati nel tempo sottolineando la necessità di legarlo a una modalità ben definita di funzionamento della mente: cui tutti abbiamo accesso (seppure in misura diversa) e che deve essere considerata sempre reversibile (mai, dunque, strutturale). Basandosi su un’ampia esperienza personale, il lavoro dell’autore si concentra successivamente sulle situazioni in cui la regressione a questo livello di funzionamento della mente si verifica in modo più chiaro e più drammatico: nell’infanzia dei bambini a rischio e nella vita infelice o sbagliata di quelli che a questo rischio soccombono. Proponendo quelli che sono, nell’intenzione dell’autore, dei veri e propri racconti di viaggio. Del tipo di quelli fatti un tempo da Marco Polo e da Ferdinando Magellano: senza pretesa di completezza, dunque, ma capaci di fornire osservazioni utili a chi vuole iniziare una mappatura di luoghi ancora poco conosciuti e un minimo di orientamento a chi quegli stessi luoghi vuole esplorare dopo di lui.

Jean Charles de la Roi – Il viaggio addosso

Girando per gli scaffali di una libreria mi è capitato tra le mani questo volume. Siamo in estate, mi piacerebbe una lettura leggera, narrante viaggi e avventure. Leggo la prefazione di Edoardo Winspeare e l’introduzione editoriale in seconda di copertina (riportata dopo questa recensione) e penso che questo libro faccia al mio caso. Non so ancora che ho in mano un manoscritto portentoso.

lnizio la lettura: sul Lecce-Stuttgart mi faccio prendere dalle avventure picaresche del protagonista, dalle sue esperienze, dall’entusiasmo di partire dal Salento con ardore e con le immancabili masserizie verso la conquista del mondo, passando per Rimini, San Gallo, Venezia, Milano.

Apprezzo le descrizioni dei fatti, le riflessioni introspettive, le citazioni alte e l’orgoglio non solo entusiastico ma documentato verso l’importante cultura locale. Il dialetto salentino, riportato in corsivo e tradotto tra parentesi, è presente, senza essere invadente, soprattutto nelle prime pagine del libro; non è un vezzo da scrittore della domenica.

Apprezzo meno le scene di sesso, il protagonista conquista una donna ogni cinque minuti, campione di erotismo, nessuna gli può resistere. Un misto di invidia e acredine mi portano ad aumentare il ritmo di lettura. Mi rivedo nel protagonista (non nelle sue conquiste) quando parla di viaggi, vita da fuori sede all’università, occupazioni, orgoglio sulle origini, portabandiera del paesino nel mondo, brocche di vino e sigarette.

Insomma, un libro abbastanza facile per l’estate (con i miei ritmi di lettura, per un paio di giorni d’estate). E invece no. Dopo la prima parte il libro vira dal diaristico all’ucronico, la realtà si mischia all’immaginato. I diari scritti dall’autore perdono senso e significato, gli eventi finora narrati non sono più nitidi e netti, diventano i riflessi di un caleidoscopio, la linea del tempo come un disegno di Escher.

L’espediente letterario (si spera che sia stato solo un espediente) di un grave incidente lascia il protagonista Jean Charles senza memoria, tutto quello che è stato narrato fino a quel momento viene messo in dubbio dall’autore stesso. A fatica Jean Charles torna sulle orme del suo passato alla ricerca di una verità, di una vita persa sull’asfalto insieme al suo amico Gennaro. I personaggi descritti e vissuti nella prima parte, così determinanti nella vita di Jean Charles, mostrano una nuova identità e narrano verità alternative, il protagonista è il suo doppelganger. Non vi è più una sequenza ordinata di fatti ed esperienze, la luce viene fatta passare da un prisma diventando sfumata, ambigua, eterea. Non vi è criogenesi come nel film Vanilla Sky (o nell’originale Abres los ojos), rimane però l’incubo lucido di Jean Charles fino allo sconcertante epilogo.

Dalla seconda di copertina.

“La storia di Giancarlo inizia sul Lecce-Stuttgart, treno che conduce le vite e le speranze di tanti lungo lo stivale. Una deviazione verso Venezia convince Gian a iniziare lì il suo percorso universitario e la sua emigrazione moderna. Sebbene tutto intorno a lui contribuisca a recidere in modo silente le sue radici, il giovane conserva intatto il desiderio di ritornare nel suo piccolo paese condividendo il suo sogno con i nuovi compagni che, tempestati dai suoi racconti, immaginano anch’essi di visitare, un giorno, l’utopica terra salentina. Gian esplora corpi, sogna viaggi, s’ingozza di saperi, ama e odia, cresce e si confronta in un ambiente molto diverso da quello contadino a cui era abituato. Un evento inatteso lo costringe a rivedere i progetti iniziali e tentare di riscrivere le pagine della sua vita. L’azzurro del mare e il rosso della sua terra sembrano sbiadire e non essere più la meta ambita del suo viaggio di ritorno. Ora Giancarlo, per alcuni Jean, per altri Gian ma anche Jahn, si affida ai diari, alle fotografie, alle confessioni delle donne che lo hanno amato. Il viaggio alla ricerca di se stesso inizia…

George Langelaan – Regressione

C’è un vecchio che sta morendo. Medici e infermieri, in camice bianco, si danno da fare intorno al suo letto. Su un vassoio di metallo tintinnano degli strumenti. Gli viene infilata una siringa nel braccio. Le voci soffocate, intorno a lui, sembrano quelle che sentiva da bambino, quando si addormentava tra le braccia della mamma. Gli ficcano un tubo in gola. Un rumore metallico, poi lo spingono, su una barella, in un lungo corridoio, stretto e buio. Molto in alto al di sopra di lui brilla una luce. Essendo steso, può vederla bene. Sente una voce, la voce del suo primogenito: «È ancora cosciente?». «In realtà no. È già lontano, molto lontano, sa…». Il corridoio è diventato ancora più stretto, la luce sopra di lui ancora più lontana. Poi le voci si spengono. A un tratto si rende conto che non vede più niente, non sente più niente, non prova più niente. È buio. Arriverà qualcuno? Qualcuno riaccenderà la luce? C’è ancora qualcuno accanto a lui? Sono sempre intorno a lui, i suoi figli e gli altri, a osservare la sua faccia cerea e a chiedersi se dietro quella faccia, molto lontano, irraggiungibile, sussista un barlume di coscienza? Tenta di alzare una palpebra, non ci riesce. Di gridare, ma non sente la propria voce. Chi lo sentirà se lui stesso non può sentirsi? È in coma? O invece è morto? Quello che gli sta accadendo non è semplicemente la morte? Ci ha appena pensato che già sa la risposta: è proprio così. È la morte. «Sono morto». Ma se può ancora pensare di essere morto, significa che il suo cervello funziona ancora, che il suo sangue continua a irrorarlo, che il suo cuore non ha smesso di battere. Gli viene l’idea che la parte di lui che è rimasta cosciente, che può dire «sono morto», che può dire «io», è la sua anima, è la parte di lui che non può morire. Lo hanno già seppellito? Non prova nessuna sensazione, non c’è modo di saperlo. Né di situarsi nello spazio, né di misurare il tempo. È spaventoso. E la cosa più spaventosa è essere ancora cosciente. Se solo potesse perdere coscienza! Se solo potesse spegnersi tutto. Se solo potesse almeno dormire. Dormire, sognare forse… Per addormentarsi cerca di contare le pecore. Con calma, senza fretta, più pecore di quante ne potrà mai contenere l’Australia. Conta, conta, conta, e arriva il momento in cui si accorge di essere arrivato a 998 milioni di pecore. 998 milioni di pecore che ha visualizzato e che ha contato una per una, che ha guardato una per una saltare lo steccato in un prato inondato di sole. Se si conta una pecora al secondo, il che sembra ragionevole, sono 60 pecore al minuto, 3600 all’ora, 86.400 pecore al giorno, il che significa che un milione di pecore corrispondono circa a dodici giorni e con quasi un miliardo si arriva a 12.000 giorni, vale a dire circa trent’anni. Era convinto che fosse passata mezz’ora e invece è da trent’anni che sta contando le pecore. Cazzo. È chiaro, se non vuole impazzire, deve smettere di contare le pecore e trovare un’altra occupazione. Ma quale? Rivivere tutta la sua vita? Dedicare l’eternità a un’eterna autobiografia? Avrebbe tutto il tempo di entrare nei particolari: potrebbe impiegare un secolo per raccontarsi una colazione di un quarto d’ora. O invece ripetere all’infinito un mantra, come fanno i mistici? Concentrarsi su problemi di scacchi? Rifare mentalmente la forma di tai chi, avendo davanti a sé tutto il tempo di diventare un grande maestro? Ricordare i letti in cui ha dormito, i vestiti che ha indossato, le case in cui ha vissuto, il contenuto di ogni cassetto di tutte le case in cui ha vissuto? Rievocare tutte le volte che ha fatto l’amore? E con chi, e in quali posizioni? Passare l’eternità a masturbarsi senza sesso, senza corpo, senza sensazioni? Strana cosa, essere morto e non perdere la coscienza di se stesso. Prigioniero della prigione più perfetta: quando si è solo coscienza, non si può scavare un tunnel per evadere. Quello che invece è possibile, quando si è solo coscienza, è immaginare di scavarlo, il tunnel. Allora si dà da fare. Decide di costruire, da solo, mentalmente, dal fondo della sua tomba, se come crede è stato seppellito, un ponte sopra la Manica che collegherà la Francia e l’Inghilterra. Innanzitutto elabora un progetto. Poi inizia a costruire, e poi si accorge che non funziona, e ricomincia daccapo perché si è dimenticato di tener conto delle maree. Non salta nessun passaggio, se per eseguire un certo lavoro servono dieci persone, lui sarà di volta in volta ciascuna di loro. È il palombaro a cui si stacca il tubo dell’ossigeno e il sub che salva il palombaro dall’annegamento. È tutti, è dappertutto, ha tutto il tempo. In meno di qualche millennio il ponte è terminato. È più produttivo che contare miliardi di miliardi di pecore, più soddisfacente. Così, si lancia nella costruzione di una nuova città, più grande di Brasilia. Realizza ogni singolo edificio, ogni blocco di cemento, ogni maniglia di porta, ogni interruttore, il circuito elettrico che aziona ciascun interruttore: non manca niente e, anche se esiste solo nella sua mente, funziona tutto. Perché, allora, non mirare ancora più in alto? Perché non creare la vita? Ma come si fa a creare la vita? C’è un unico modo: creare una cellula. Sebbene di embriologia ne sappia ancora meno che di architettura, non può delegare niente a immaginari assistenti, deve fare tutto da solo. Sa soltanto che una cellula, dividendosi, forma altre due cellule, che a loro volta si dividono finché non formano un insieme abbastanza grande da poter essere osservato al microscopio. Ma mica è facile trasformarsi in una cellula quando quello a cui si è ridotti, quello che ancora si può chiamare sé, è infinitamente più piccolo e immateriale di una cellula. Per aumentare di un miliardo di volte bisogna concentrarsi. Allora si concentra. Convoglia tutta la sua coscienza in un unico punto che a poco a poco comincia a ingrandirsi e diventa una cellula, si divide in altre due, che si dividono a loro volta, finché questo insieme di cellule non diventa una specie di corpo rudimentale, capace di muoversi in uno spazio e provare sensazioni. Sente quello che deve sentire un astronauta quando, dopo un lungo viaggio interstellare, tocca terra. Tocca terra. Atterra. Non ha preso fuoco, non è morto, è felice. Non ha una bocca per ridere e gridare di gioia, non ancora. E a un tratto, invece, si rende conto che ne ha una – un’apertura, una fessura che diventerà una bocca con dei denti e una lingua. La sua coscienza ormai risiede in un cervello, fatto di cellule e collegato a una massa ancora informe, una specie di sacco che ben presto avrà delle membra, degli organi, un sesso, un buco del culo, e tutto questo sarà lui. Ora può addormentarsi. E infatti dorme, un sonno perfetto e felice. Non c’è niente di meglio di questo sonno, niente di meglio che essere immerso nel dolce calore delle acque amniotiche. È un embrione, ben presto sarà un corpo che scrupolosamente continuerà a diversificarsi e a crescere. Il corpo di chi, di cosa? Non lo sa ancora, ma poco importa: quale che sia, vivrà la vita che gli è data. Se è destino che esca dalla matrice sotto forma di formica, nessun problema, sarà una formica, qualsiasi vita andrà bene. Non ha la minima voglia di uscire dal samsara, tutto quello che vuole è essere di nuovo vivo. Ma è fortunato: è un feto, ben presto sarà un cucciolo di uomo, che già comincia a scalciare. Arriva il momento terrificante in cui l’ambiente caldo e liquido in cui sonnecchiava placidamente si svuota di colpo: è come essere in un sottomarino che affonda. Finisce sott’acqua ma non annega. Imbocca un tunnel buio, caldo e appiccicoso. Non riesce a respirare: non c’è da stupirsi se molte persone rivivono questo momento nei loro incubi. Sente dei rumori, delle voci. I rumori, le voci che mentre moriva diventavano sempre più fioche, ora sono sempre più vicine. O meglio, è lui che è sempre più vicino a loro. Il tunnel diventa uno scivolo, e lui scivola. Una luce abbagliante lo acceca. È l’uscita. Sua madre spinge, sua madre grida. È arrivato. Ora è lui a gridare. La sua vita comincia.

Emmanuel Carrère – Yoga

Carrère si conferma penna sublime (o la penna sublime è quella delle traduttrici Lorenza Di Lella e Francesca Scala?), nel descrivere situazioni ed emozioni. Il tratto è disincantato e i toni schietti e sempre delicati ma il libro è a tratti deprimente nei contenuti e nel vissuto. Intimo, ma depressivo. Profondo, forse troppo, in alcuni capitoli i contenuti sono il contrario di quello che ci si potrebbe aspettare leggendo il titolo.

Il punto di partenza è la descrizione della lunga esperienza di Carrère nella meditazione, e del ritiro spirituale che compie in una località isolata della Francia in compagnia di sconosciuti adepti; gli attentati a Charlie Hebdo e il ritorno a Parigi; la depressione ed una cura psichiatrica dolorosa e invasiva. Infine Carrère narra la sua esperienza come insegnante in una scuola per migranti su un’isola greca.

L’autore, considerato un candidato forte al prossimo premio Nobel per la Letteratura, si svela al lettore come mai aveva fatto in precedenza. Lui stesso è l’oggetto del racconto, la complessità di un uomo che vive i suoi successi ed i suoi tormenti in maniera profonda e dolorosa.

Wu Ming – Previsioni del tempo

Per avvicinarsi al collettivo di scrittura bolognese Wu Ming, interprete lucido del nostro tempo e dei nostri luoghi. Un racconto del 2008 dedicato agli affari delle ecomafie, le pratiche “artigianali” di smaltimento ideate a Napoli ed esportate in territorio nazionale ed internazionale. Un romanzo sulla strada ambientato tra Caserta e l’Appenino tosco-emiliano, una scrittura dal grande valore linguistico e narrativo.

David Benioff – La città dei ladri

L’assedio di Leningrado (Piter per gli autoctoni) nell’inverno del 1941 visto con gli occhi di Lev, diciassettenne troppo giovane per l’esercito e troppo cresciuto per vivere la guerra come un gioco. Non è sufficiente guardarsi dai bombardamenti nazisti, chi viola il coprifuoco viene fucilato seduta stante dall’esercito sovietico.

Lev incontra in una squallida prigione Kolja, cosacco disertore, e ne nasce un rapporto Pigmalione sgangherato e divertente che sarà il tema parallelo a quello della guerra.

Lev e Kolja o l’ottimismo. David Benioff, già autore del bellissimo “La 25ma ora” (e da cui Spyke Lee girerà l’omonimo film con Edward Norton), ripropone nel suo fortunato e piacevole romanzo lo schema narrativo di Voltaire in “Candido”.

Miserie inenarrabili, inconcepibili per le generazioni nate nell’Europa occidentale dagli anni 50 in poi, e situazioni in equilibrio tra la vita e la morte. Il “generale Inverno” considerato il più grande alleato dell’esercito sovietico è un ufficiale molto severo anche per i russi di Piter.

Un po’ romanzo di formazione, un po’ romanzo sulla strada, “La città dei ladri” regala pagine intense e divertenti, portandoci tra le follie della Seconda Guerra mondiale dove i rapporti umani (l’amicizia, l’amore, il sesso) emergono come l’unica possibile ancora di salvezza per la sopravvivenza mentale e fisica.

Veronica Raimo – Niente di vero

La storia che racconta Veronica Raimo è quella di una disadattata che affronta la vita tra cinismo ed emotività: un romanzo di formazione dall’infanzia all’età adulta (non della maturità). L’autrice racconta in prima persona eventi probabilmente ispirati alla sua vita, partendo dall’immancabile rapporto con la famiglia: la madre ansiosa ed invadente che la cerca in ogni momento topico ma senza mai davvero fregarsene dello stato psico-fisico della figlia, troppo preoccupata dalle sue paturnie; il padre collerico ed ipocondriaco che la costringe a riti propiziatori per scongiurare malattie potenziali (bagni di alcol e mummificazioni con lo Scottex); il fratello maggiore capace di sintonizzarsi perlomeno con sé stesso, il porto insicuro in cui Veronica prova a rifugiarsi durante le continue tempeste. C’è posto anche per i disagi arrecati dai nonni e dalle zie della provincia foggiana.

Le vicende raccontate dall’autrice hanno inizialmente un tono caustico ma leggero, per poi diventare vagamente cupi nella seconda parte del libro dove i problemi affrontati (o evitati?) ci rendono l’immagine fragile della protagonista. L’ironia e l’autoironia, di cui per fortuna il libro abbonda (a differenza del suo collega di casa editrice e di Premio Strega) diventano strumenti insufficienti per metabolizzare le tragedie raccontate.

Immancabili le fughe a Berlino, tipiche per gli intellettuali e gli artisti nati negli anni 70 (vedi ancora Desiati).

Viene da chiedersi se Veronica Raimo, così affezionata alla sua ginecologa, abbia mai partecipato a delle sedute di psicoterapia famigliare. Forse gioverebbe alla sua salute psicofisica, magari meno alla sua creatività.

Peaky Blinders 5-6: Recensione

Spoiler in arrivo

Fin dalla prima stagione siamo dei grandi estimatori della serie TV Peaky Blinders; oggi, con la chiusura dello show proponiamo la recensione della V e VI stagione.

Una serie che ha fatto innamorare spettatori in tutto il mondo ma che ci ha lasciato una grande delusione nel suo epilogo. E per epilogo parliamo delle due stagioni e non dell’ultimo episodio.

Uno dei punti di forza delle stagioni precedenti era sicuramente la scrittura degli episodi e delle stagioni stesse (sei puntate), che ovviamente culminavano nell’ultima puntata, capace di chiudere le trame narrative sviluppate e caricate durante la serie. Questo non ci pare che accada nella V e VI stagione: ci sono tanti buchi nella sceneggiatura, un po’ di apparente superficialità nello stare dietro a tutte le informazioni date nel corso dello spettacolo, personaggi sviluppati in modo grossolano e superficiale (Arthur e la sua tossicodipendenza, la sua riabilitazione miracolosa ma mai definita e raccontata con chiarezza; anche da Finn Shelby ci si sarebbe aspettati maggiore spessore e presenza ma la sua figura rimane comunque in terzo piano), storie e sotto-storie che finiscono in un vicolo cieco (per esempio Oswald Mosley, che irrompe con efficacia nel racconto durante la V stagione ma che pian piano finisce ai margini e ne rimangono solo poche scene macchiettistiche qua e là; o anche Ada, il cui passare da protagonista a comprimaria è questioni di pochi fotogrammi).

Troppi temi, argomenti, trame irrisolte e senza uno sviluppo armonico e definitivo; ed anche colpi di scena clamorosi e senza apparente logica che comunque non arricchiscono di particolari determinanti la storia (la “resurrezione” di Alfie dà gioia e ci fa rivedere Tom Hardy vicino a Cillian Murphy ma lascia perplessi sulla reale necessità di un particolare tanto bizzarro). Tanti altri esempi potrebbero esseri citati, con il risultato di fare spoiler di particolari inutili alla fruizione del racconto.

Ovviamente non ci sono solo aspetti negativi all’interno di uno show che rimarrà comunque nella storia recente della televisione. Assolutamente positivo e di grande spessore il ritratto psicologico e i conflitti interiori di #TommyShelby, la sua evoluzione ed i suoi progetti sempre più megalomani e solitari.

Spettacolari, come sempre, le scenografie e le ambientazioni “gipsy-chic”, e ancor più notevoli e fonte di ispirazione i costumi dei personaggi ed il loro impeccabile stile.

La serie è terminata come annunciato dai produttori, che comunque hanno fatto intendere che ci sarà un film che sarà il vero epilogo dei Peaky Blinders.

Mezzi di comunicazione tradizionali e Social network

Il decennale dibattito su chi sia più influente tra mezzi di comunicazione tradizionali di massa e social network è arrivato ad un punto di svolta dal 2020. Gli eventi hanno portato la popolazione mondiale a chiedere un incremento di informazione seria e qualificata, a fronte di un’offerta di difficile interpretazione e decodifica da parte del grande pubblico.

La pseudo-rivoluzione dei social ha permesso a tutti gli utenti in possesso di uno smartphone e di un account su una o più piattaforme di accedere ad una miniera (non d’oro) di informazioni, testi, video, foto provenienti da ogni angolo del mondo in tempo reale. E, cosa davvero rilevante, di interagire con essi. O meglio, illudersi di interagire. Condividere, commentare, insultare, approvare contenuti e opinioni su temi di interesse globale è solo una sciocca illusione di partecipazione alla vita sociale. Semmai è solo vita social. Che tuttavia prevede una circolarità, uno scambio apparentemente alla pari, dove anche le stupidaggini del professore di turno possono essere messe in discussione da chi fa un mestiere manuale. O viceversa, dopo le opinioni eleganti di un filosofo, uno storico, o uno psicologo vengono banalizzate e irrise da chi è a secco di qualunque forma di coscienza, autocoscienza, nozione culturale o istruzione.

L’utente medio, il cittadino medio, appare comunque indifeso di fronte alla mole di informazioni da processare e dopo l’impeto di partecipazione si ritira confuso nella sua caverna.

Qui entrano in gioco i mezzi di comunicazione tradizionali. Le scelte editoriali, i “servizi”, le idee e le opinioni hanno una sola direzione, da A verso B e non permettono una possibilità di contradditorio immediata, perlomeno non pubblica. Un classico esempio di comunicazione verticale. L’impeto dell’utente-consumatore dura un paio di secondi, ma soccombe di fronte alle continue ripetizioni e suggerimenti da parte dei mezzi di comunicazione di massa tradizionali (TV e giornali). Per questo capita di trovare il parrucchiere ripetere quello che ha sentito in TV sulla guerra in Ucraina, o l’operaio che sistema la tapparella affermare che la mascherina all’aperto sia di vitale importanza per la salute, nonostante autorevoli pareri non riportati sui mezzi tradizionali affermino il contrario o perlomeno ne mettano coscientemente e senza pregiudizi in discussione la portata fideistica.

Per questo essi avranno un’importanza sempre maggiore, a prescindere dal loro fatturato e dagli introiti per mezzo delle inserzioni pubblicitarie. Il potere ed il ruolo delle TV e, in minor parte dei giornali, è quello di indottrinare senza contraddittorio. Il social rimane solo una scatola vuota per sfogarsi, come urlare “Aiuto” in un tunnel senza via d’uscita.

Massimo Fini – La ragione aveva torto?

Un saggio scritto da Massimo Fini nel 1985 e che nelle sue tesi antimoderniste anticipa le problematiche filosofiche e pratiche dei nostri giorni. Il dominio della tecnica, della ricerca e dell’ipotetico progresso sull’umanità e sull’essere umani.

Fini, avvalendosi di studi e citazioni accuratamente riportati nelle sue pagine, dimostra che l’ancien regime pur con le sue ovvie grandi problematiche non era quel periodo tetro fatto solo di fame, sfruttamento, ignoranza, mancanza di diritti basilari.

I capitoli del libro sono tematici e trattano la vita, la morte, l’anima, la fame, la casa, il tempo, l’identità e la felicità, gli analfabeti, l’uguaglianza, la legittimazione, la democrazia e il potere, impostando un paragone implicito tra l’uomo moderno post-illuminismo e quello, appunto, dell’ancien regime.

Un libro che ha quasi 40 anni e che dimostra come il pensiero di Massimo Fini sia stato lungimirante e lucido. Oggi, che il futuro è arrivato, al lettore spetta il giudizio sulle riflessioni esposte dall’autore.

Mario Desiati – Spatriati

La pagina di Desiati è pulita, linda, candida, perfetta nello stile e nel confezionamento. Ma non (mi) emoziona. Un romanzo di (bi)formazione che parte da Martina Franca e arriva a Berlino, passando per Londra e Milano.

I due protagonisti, Francesco e Claudia, vivono la loro epopea di precari, sentimenti precari, ai margini del fluire liquido dei cicli vitali della provincia italiana e delle metropoli europee. Tanti i temi nobili affrontati dall’autore nel suo romanzo stilisticamente perfetto (o perfettino?): amore, omosessualità, pansessualità, amicizia, lavoro, pizzo, molestie, violenza, tradimenti. Tutti argomenti toccati in modo asettico e poco emotivo, non per stupire nè per scandalizzare. Rappresentano la realtà dei personaggi del libro ma non scatenano mai una vera empatia da parte del lettore (me, in questo caso).

Tuttavia la più grande mancanza di tutto il lavoro di Desiati è la totale mancanza di ironia ed autoironia nel trattare temi così delicati e profondi: la voce narrante di Francesco è sempre stanca, rassegnata, aulica nelle sue citazioni di poeti ai margini del canone, triste e tremendamente seria e seriosa. Anche i momenti più trasgressivi del racconto, e ce ne sono molti, appaiono piatti e aridi. Probabilmente è una scelta stilistica dell’autore, che mantiene il lettore distante e poco partecipe, magari solo voglioso di passare alla pagina successiva per “vedere quello che succede”.

Notevole il lavoro di editing che rende il libro ineccepibile nella forma. Un romanzo irrisolto, come la vita dei protagonisti e di tante persone che vivono non nel mondo della carta e della parola.

Claudio Stassi – Per questo mi chiamo Giovanni

Un viaggio nella pittoresca Palermo, nei luoghi della vita di Giovanni Falcone, attraverso gli occhi di un bambino e di suo padre: l’educazione civica ed al civismo tra le piazze colorate e il mare di Mondello, passando per il tritolo di Capaci e il maxi processo nell’aula bunker.

La graphic novel di Claudio Stassi, tratta dal romanzo di Luigi Garlando, è un prezioso volume per ricordare la vita e la battagli del giudice Falcone, uno strumento capace di arrivare ai più giovani veicolando un messaggio educativo e di valore. Le tavole di Stassi, palermitano che ora vive a Barcellona, sono evocative e piene di colori.

Da leggere tutto d’un fiato e da godersi sotto l’ombrellone.

Noam Chomsky – 11 Settembre dieci anni dopo

Per provare a comprendere la complessità del mondo, delle relazioni internazionali e degli interessi geopolitici ed economici degli Stati, senza scadere nella semplificazione bipolare a buon mercato proposta dai mezzi di informazione di massa. Una narrazione volta a suscitare l’emotività dello spettatore, alla tragedia umanitaria, alle storie delle miserie create dalla barbarie di una guerra atroce come tutti i conflitti armati in giro per il mondo e per i secoli. Eppur ci chiediamo: nella storia recente i bombardamenti occidentali venivano narrati con lo stesso metodo emozionale? O si preferiva esaltare le gesta delle truppe che spazzavano via i nemici e conquistavano città, evitando accuratamente di citare i “danni collaterali” di civili uccisi, mutilati, sfollati?

Il libro è frutto delle interviste rilasciate da Chomsky pochi giorni dopo l’11 Settembre e tuttavia rimangono un riferimento epistemologico fondamentale per analizzare anche il presente e i tragici fatti che avvengono in Ucraina; una prospettiva, quella di Chomsky, che esula dall’essere sostenitori acritici di una fazione (così come è presentato ovunque su giornali, televisioni, carta stampata) e nemici giurati degli aggressori. E viceversa. All’indomani dell’11 Settembre i mass-media italiani ed europei (senza considerare quelli americani) erano a favore degli aggressori, perchè c’era una giusta causa apparente: il terrorismo. Oggi si vedono bandiere dell’Ucraina nelle scuole, nei supermercati, nei programmi per bambini in tv, sui cartelloni pubblicitari lungo le strade: non può esistere una forma di pensiero critico, di riflessione, la manipolazione passa attraverso il messaggio netto e chiarissimo sulla parte per cui dobbiamo necessariamente “tifare”, come se stessimo assistendo ad un film di Hollywood con indiani e cowboy. E senza contare le “sanzioni”, non quelle economiche, di livello psicologico che vengono comminate ad artisti e sportivi russi, puniti solo per la loro cittadinanza (vi ricorda qualcosa?).

Chomsky parla delle invasioni degli Stati Uniti post 11 Settembre, riflettendo sui disastri umanitari prodotti in Afghanistan e Iraq in nome della lotta al terrorismo.

“Un attacco all’Afghanistan ucciderà probabilmente un gran numero di civili innocenti, forse un numero enorme, in un paese in cui milioni di persone stanno già per morire di fame. L’uccisione gratuita di civili innocenti è terrorismo, non guerra al terrorismo”.

Quando a “Madeleine Albright alla TV nazionale, le fecero una domanda sulle stime di mezzo milione di bambini iracheni morti a causa delle sanzioni. La Albright riconobbe che tali conseguenze erano una “dura scelta” per la sua amministrazione ma, disse, “pensiamo che ne valga la pena”.

Non siamo tifosi di nessun schieramento, tantomeno coltiviamo sentimenti antiamericani, un Paese di cui amiamo la letteratura, le città, le persone provenienti da tutto il mondo che la popolano e l’hanno forgiata nel corso dei secoli. Siamo tifosi del libero pensiero, dell’onestà intellettuale, quell’onestà intellettuale che non riesce ad accettare l’orwelliano concetto che si raggiungerà la pace inviando armi in una zona di guerra.

Gianni Mina’ – Politicamente scorretto

Politicamente Scorretto fu pubblicato da Sperling&Kupfer nel 2007 nella collana “Continente Desaparecido” impreziosito dalla prefazione di Luis Sepùlveda: una raccolta di articoli ed interventi di Gianni Minà dal 1996 al 2006. I temi cari all’autore sono presenti nel libro: la Cuba di Fidel Castro e il pantano perenne dell’America Latina, l’imperialismo Yankee, il neoliberismo e l’autodeterminazione dei popoli, il G8 di Genova e l’11 Settembre, la libertà di stampa. Temi popolari nei primi anni del nuovo millennio, al centro del dibattito intellettuale non solo di nicchia, e che oggi sembrano scomparsi sotto una coltre di polvere e confusione fatta di pollici, di cuoricini, di polemiche aspre su canali ciechi e di un’informazione dei mass-media che sembra abbia fatto passi da gigante, ma all’indietro.

Del resto lo stesso Minà per molti anni ha segnalato dell’ostracismo che gli hanno riservato i grandi editori nazionali: non si trattava di un piagnisteo autoreferenziale, ma di una denuncia precisa verso lo scadere del livello di informazione che evidentemente oggi ha raggiunto in maniera plateale e manifesta l’agognato livello di propaganda. Una propaganda ben congegnata, soft, dolce, politicamente corretta e lievemente patinata, e quindi ancor più efficace per la manipolazione della massa (semi)analfabeta.

Un testo di 15 anni fa capace di interpretare, analizzare e raccontare anche il mondo del Covid e della guerra in Ucraina: del resto gli attori protagonisti e i comprimari sono quasi esattamente gli stessi

Hallgrimur Helgason – La nonna a 1000°

Dalla presentazione in seconda di copertina

“Fa bene a tutti perdere la facciata della propria casa, sentire lo stridore dei freni davanti al proprio figlio o vedere sparare alla schiena al proprio innamorato. Ho sempre detestato frequentare gente che non ha mai dovuto scavalcare un cadavere.” A Herra Bjornsson tutto questo è capitato. Ma non solo. Le è capitato anche di baciare il più famoso dei Beatles quando erano solo ignoti scarafaggi appena sbarcati ad Amburgo e di incrociare in una bettola di Parigi lo sguardo libidinoso di Sartre. Le è capitato di attraversare la guerra con un’unica ricchezza, due perle della collana di Casanova, peccato che un soldato tedesco alto e idiota le abbia viste e se le sia mangiate. Ha scaricato più di un uomo con la frase: “E arrivato il taxi”, compreso, ancora in sala parto, il padre del suo primogenito. Ha fatto tre figli con nove uomini, conoscendo le canaglie di mezzo mondo. Nipote titolata del primo presidente d’Islanda, ha attraversato il vecchio continente e si è spinta fino in Sudafrica e in Argentina, ha conosciuto le guerre e si è fatta nuovi amici (e spasimanti) su Facebook. E sopravvissuta ai figli privi di talento e a tutte le terribili nuore. Ma ora, chiusa in un garage nella sua amata Reykjavik, in compagnia di un computer portatile, due stecche di Pall Mall e una bomba a mano di fabbricazione tedesca, è decisa a battere sul tempo la propria malattia. Non senza aver preparato la sua ultima, grandiosa vendetta…

James Frey – L’Ultimo Testamento della Sacra Bibbia

James Frey confeziona un libro dall’enorme potenza dissacrante. Il Messia è tornato, vive a New York tra Brooklyn, Manhattan e i tunnel sotterranei della metropolitana della città insieme a barboni e disperati. Predica e pratica l’amore libero e non riconosce i testi sacri, di nessuna religione. O meglio, li conosce a memoria, tutti, ma li ritiene obsoleti e ingannevoli, l’unica cosa che conta è rispettarsi tra uomini, amarsi, accettarsi.

Frey, dopo la disintossicazione dall’ultimo stadio dell’alcolismo, si cimenta con il messianico. Esercizio complesso, al limite dell’impossibile, con grossi rischi di passare dal mistico al risibile in poche righe. Ma ciò non accade, Frey scrive pagine dense di pathos e di sofferenza alternata a momenti di serenità e di pace. L’architettura narrativa è forse l’aspetto che dona maggiore armonia a tutto il romanzo. I capitoli sono testimonianze dirette delle persone che hanno incontrato il Messia Ben Zion Avrohom: la vicina di casa ispanica quando viveva in un appartamento delle case popolari, il capo della sicurezza mentre lavorava come guardia giurata in un cantiere edile, la dottoressa che l’ha operato per 11 ore dopo un incidente apparentemente senza possibilità di sopravvivenza, l’agente federale che lo interroga dopo un arresto per vagabondaggio e minaccia alla quieta pubblica…

Le testimonianze di questi dodici “apostoli” sono in ordine cronologico e rendono la fruizione della lettura sempre avvincente e appassionante.

Probabilmente non un libro escatologico, ma comunque capace di intrattenere e di far riflettere a fondo anche su tematiche complesse.

Edward Bunker – Little Boy Blue

Le avventure e soprattutto le disavventure del giovane Alex Hammond, irrequieto bambino californiano in cerca di una definizione nell’America degli anni 40 e 50. Senza madre, con un padre impossibilitato a prendersi cura di lui, Alex gira per i riformatori e gli ospedali psichiatrici dedicati ai minori, conoscendo giovani malavitosi ed imparando a farsi rispettare con l’unico linguaggio accettato in quei contesti: la violenza.

Romanzo verboso, pieno di lunghe descrizioni del mondo carcerario e con pochi dialoghi, tuttavia non privo di azioni criminose ed immancabili scazzottate, Little Boy Blue probabilmente non è il libro più riuscito di Edward Bunker ma comunque rimane un volume imprescindibile per avvicinarsi all’epopea di uno scrittore che ha trovato la redenzione attraverso la lettura prima e la scrittura poi.

Bunker è l’autore di altri apprezzati testi noir ambientati nella California del secolo scorso: Educazione di una canaglia (la sua autobiografia), Cane mangia cane, Come una bestia feroce. Bunker è stato uno degli scrittori che meglio ha raccontato la vita nelle prigioni e il sottobosco malavitoso che popolava le strade di Los Angeles: truffatori di poco conto, rapinatori che diventavano assassini e assassini in attesa di essere giustiziati sulla sedia elettrica. Nel suo curriculum anche una partecipazione al film Le iene di Quentin Tarantino nella parte di mister Blue.

George Orwell – Senza un soldo a Parigi e a Londra

Probabilmente l’autore più citato (e meno letto) degli ultimi due anni: il genio visionario capace di immaginare la distopia della società di massa, orde di automi controllati e comandati dal Grande Fratello (un occhio nella TV ieri, uno smartphone oggi?). Il brillante teorizzare della neolingua, di non immediata comprensione per il lettore di 1984 ma dai risvolti pragmatici evidenti finanche nel nostro mondo del 2021 dove il significante “anormale” ormai ha preso il significato di “normale” (e viceversa). Il dissenso non può esistere in quanto nel vocabolario autorizzato dal Ministero della Verità mancano le parole idonee ad esprimerlo. Esiste solo l’Ortodossia, che per Orwell “… vuol dire non pensare, non aver bisogno di pensare. Ortodossia e inconsapevolezza son la stessa cosa”.

Di tutto questo NON si parla nel libro d’esordio dello scrittore inglese. “Senza un soldo a Parigi e a Londra” è un romanzo picaresco tra gli scantinati parigini del Quartiere Latino popolati di lavapiatti, scarafaggi e lerciume e i dormitori per senzatetto in una Londra che mantiene qualche goccia di signorilità anche nella miseria, nella povertà, nel freddo e nella pioggia.

Pur dichiarando di non avere obiettivi prettamente sociologici, Orwell si lascia andare a riflessioni alla Orwell: sull’organizzazione piramidale dei lavoratori di un grande albergo di Parigi, sul lavoro apparentemente inutile di quella massa di infelici che sfama e serve ricchi a loro volta (meno) infelici. Una penna leggera quella di Orwell: divertente, a tratti comica, anche quando riporta le sue esperienze di drammatica povertà fatta di digiuni forzati e di puzza di esseri umani cenciosi accatastati in un dormitorio. La promiscuità di anziani malati di bronchiti croniche con giovani alcolisti che raccattano mozziconi dalla strada è un tratto che induce l’autore fabiano a ipotizzare diversi modelli Igienico Sanitari e di organizzazione delle strutture di accoglienza per gli indigenti. La povertà come situazione molto difficilmente ribaltabile, e quindi eterna condanna per chi vi piomba.

A metà tra il diario e la riflessione sociologica, si lascia consumare in poche intense ore di lettura.

roberto palpacelli con federico ferrero- il palpa. il più forte di tutti

La storia di Roberto Palpacelli in un libro a quattro mani con il giornalista Federico Ferrero. Un talento naturale per il tennis dissipato tra alcol ed eroina, mattane da ragazzo con la maglia della Nazionale Italiana Juniores, un torneo in India su campi di sterco battuto, le peregrinazioni tra i circoli tennis tra Marche e Abruzzo.

Una vita sulle montagne russe quella di Palpacelli: disintossicazioni e ricadute violente, allenamenti (pochi) per il suo fisico da Superman e giornate alla rotonda tra i vagabondi di San Benedetto del Tronto.

Il valore del libro è sicuramente l’onestà con cui Roberto Palpacelli si racconta, non risparmiando ai lettori particolari anche macabri che sconvolgono ed emozionano. Apprezzata anche la tecnica di scrivere alcuni capitoli usando la prima persona ed altri lasciando che sia Ferrero a ricostruire la storia della vita del protagonista ricorrendo alla terza persona.

Un’autobiografia che è un romanzo di formazione compiuto, dove Palpacelli arriva alla redenzione e alla (presunta) pace interiore dopo aver attraversato tempeste relazionali e uragani emotivi. Una storia che merita di essere raccontata per fare luce sul percorso sportivo e di vita di un mancato protagonista del tennis nazionale e, chissà, internazionale. Da leggere tutto d’un fiato.

Il Palpa. Il più forte di tutti

  • Editore ‏ : ‎ Rizzoli (5 febbraio 2019)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina rigida ‏ : ‎ 220 pagine

Zachar Prilepin – San’kja

Sasha beve vodka, Sasha fuma le sigarette, tante sigarette, almeno una per pagina, Sasha va a Mosca a trovare i suoi compagni unionisti, Sasha sogna la Rivoluzione nutrendosi di disillusioni, di neve, di rabbia. In compagnia di alcuni bizzarri sodali, dalla periferia della sterminata Russia progetta azioni eclatanti, capaci di ridare dignità alla sua idea di Paese e alla sua idea di umanità. A Sasha non manca il coraggio: è un duro vero ma capace di amare nonostante un rapporto fatto di silenzi con la madre infermiera e con un padre morto alcolizzato.

Zachar Prilepin, reduce della guerra in Cecenia ed ex membro dell’OMON (forze speciali antiterrorismo russe), è considerato il prodigio della letteratura russa contemporanea. San’kja si distingue per la precisa descrizione della gioventù russa che non ha conosciuto l’Unione Sovietica per motivi anagrafici e che non crede al capitalismo corrotto di prima generazione della nuova Russia. Una generazione di mezzo, capace di lottare per un’idea di Paese. Un romanzo che si inserisce nei classici della letteratura russa moderna, consigliato a chi vuole avvicinarsi alla comprensione di una nazione complessa e peculiare come quella russa.

Jan Potocki – Manoscritto trovato a saragozza

Copertina

Il libro di Potocky viene presentato come un antico testo spagnolo trovato a Saragozza da un giovane ufficiale francese. L’opera si ispira nella struttura al Decamerone e a Le mille e un notte. Le avventure del cavaliere Alfonso hanno inizio nella Sierra Morena, una zona di confine popolata da forze misteriose e occulte: a partire dalla sosta nella Venta Quemada gli incontri lo porteranno a vivere esperienze divertenti ed inquietanti allo stesso tempo e ad ascoltare le storie di vita delle persone che incontrerà durante il suo cammino.

Il libro è privo di una trama lineare, la struttura del libro rimanda alle scatole cinesi: vengono narrate storie all’interno di racconti, dove i personaggi del romanzo narrano gesta di altri personaggi in una spirale che pare senza via d’uscita.

Una lettura agevole in quanto ogni capitolo è suddiviso in storie uniche e a sè stanti, senza necessariamente incastrarsi in quella che dovrebbe essere la trama principale.

Vite picaresche, avventure erotiche, esoterismo, diavoli e angeli compaiono con forza nella pagina, rappresentando (forse) il vero filo di interpretazione di questo piacevole libro.

Hugo verlomme – la guida ai viaggi in cargo

Un libro dal sapore antico quello di Verlomme, che già negli anni 90 dello scorso secolo profetizzava ed auspicava viaggi lenti in giro per il mondo su bastimenti piuttosto che in aereo. Ultimo tra i romantici e nostalgico di viaggi dal sapore ottocentesco.

L’edizione in fotografia è dell’anno 2000, agli albori dell’era tecnologica, riporta preziose informazioni per imbarcarsi come passeggeri sulle navi che coprono tratte in giro per il mondo per fini commerciali ed occasionalmente ospitano anche dei passeggeri (a pagamento). Hugo Verlomme ci riporta tante informazioni logistiche e pratiche sulla vita di bordo e sui passi da compiere prima di imbarcarsi, aiutandoci a comprendere le dinamiche della vita su una nave tra ufficiali e marinai.

Corredato da una ricca parte con i nomi degli armatori, suddivisi per nazione, che offrono cabine ai passeggeri, il libro ancora oggi rappresenta una preziosa fonte di informazioni per chi è ancora sensibile ai viaggi lenti.

L’ultima parte del libro offre una serie di consigli per l’osservazione della vita marina, raccomandando sempre pazienza e voglia di imparare.

Verlomme fu anche uno dei fondatori del Cargo Club di Parigi, un gruppo di viaggiatori oceanici e mediterranei che mensilmente si riuniva nella Libreria Ulysse. Ad oggi in rete non risultano evidenze sulle attività del club.

Eduardo Galeano – Il cacciatore di storie

L’estate 2021 ci regala la lettura di uno dei nostri autori di riferimento, uno degli intellettuali più lucidi ed arguti, un osservatore del mondo e del subcontinente americano.

Appunti, idee, annotazioni e, come da titolo, storie che meritano di essere raccontate. I temi cari a Galeano li ritroviamo in queste sintetiche pagine: gli indigeni, l’imperialismo, le ingiustizie, il sud del mondo. L’approccio della penna di Galeano non è mai bacchettone o moralista, semmai ironicamente amaro su contraddizioni e assurdità che sembrano essere una costante di questi due secoli da lui attraversati.

Rimane il rimpianto per una morte che fuor di retorica è apparsa prematura (2015), il rimpianto di non aver potuto leggere le sue riflessioni sull’epoca sanitaria che stiamo vivendo.

Ruben Gallego – Bianco su nero

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Comprato nel 2004 e letto quest’estate. Perchè? Non lo so. A voi è mai capitato?

La storia di Ruben Gallego, nato a Mosca dalla figlia di Ignacio Gallego, segretario del Partito Comunista di Spagna in esilio e da uno studente venezuelano, e la sua onorata carriera negli orfanotrofi e negli ospizi dell’Unione Sovietica. Un libro che conquista per ironia e tragedia. Una penna, meglio dire un cervello, veloce e soffice fanno da contraltare ad un fisico offeso da un parto difficile e ad una lentezza dei movimenti laboriosa e poco precisa.

Dall’infanzia all’età adulta, il libro sembra dividersi in due parti. Nella prima il Gallego bambino, ironico e disincantato parla della sua malattia e dei suoi compagni di orfanotrofio; nella seconda traspare una maggiore amarezza per la propria condizione, per la disabilità e per la cattiveria e l’idiozia degli esseri umani.

Gallego ci parla senza commiserarsi, senza cercare pietà pelose, ed anzi sembra ribaltare il punto di vista criticando alcuni comportamenti dei cosiddetti “normali”.

Nonostante situazioni grottesche da bambino e disavventure tragiche da adulto, Gallego con questo libro afferma che lui c’è, è un uomo e come tale ha diritto a vivere e a raccontare la vita.

Jack London – Le mille e una morte

L’inconfondibile stile della penna di Jack London (nella traduzione di Stefano Manferlotti) risulta ancora più evidente in questa raccolta di racconti brevi. Il tema di fondo è, come da titolo, la morte: dagli aspetti macabri a quelli di pacificazione, dalla violenza alla fantasia. London confeziona racconti stilisticamente perfetti, pagine piene di pathos e ritmo. La natura selvaggia, di cui l’uomo è parte integrante, e la natura animale che è minimo comun denominatore della vita sul pianeta Terra.

Insuperabile la violenza in Batard e la lotta tra uomo e cane, lasciandoci il dubbio su chi sia la bestia. Stilisticamente perfetto e ritmo incalzante in Accendere un fuoco, dove la cultura prova a controllare la natura, anche quella a 40 gradi sotto zero.

La comoda e pratica edizione economica Adelphi rende il libro ottimo per una lettura in spiaggia o sul treno.

Lee Durkee – Last taxi driver

Dal Mississippi al Mississippi passando per diciassette inverni e mezzo nel freddissimo Vermont. In mezzo la pubblicazione di un libro, un corso (disastroso per stessa ammissione del protagonista del romanzo) all’università su Shakespeare ed una crisi creativa quasi ventennale.

Lee Durkee supera la sindrome della pagina bianca e torna e nei panni di Lou Bishoff, tassista della compagnia All Saints di Gentry, Mississippi. La All Saints svolge un servizio sociale sul territorio occupandosi di offrire passaggi (a pagamento) a malati terminali, tossici, galeotti freschi di rilascio, umanità in carico dai servizi sociali, rappers armati e motociclisti tatuati. Non c’è carità o pietà, molto viene delegato alle capacità di empatia degli autisti. Lou ne ha palate da regalare ai suoi clienti, nonostante le sfighe incredibili che patisce da due decenni. Una conversione al Buddhismo lo aiuta, minimamente, a gestire le nevrosi della vita quotidiana ma una fidanzata depressa perennemente a letto bilancia le sue pratiche di meditazione. Le due forze contrastanti risultano in una singhiozzante sindrome di Tourette e in mal di schiena invalidante.

Lontanissimi dalle mille luci della costa Est e dalle ville con piscina della California, Lee Durkee ci guida nella sconfinata America dei losers mimetizzandosi tra i suoi clienti, gente al capolinea della vita. Un libro ironico e amaro, una risata viene subito compensata da un pugno allo stomaco. Un libro bipolare.

Bentornato Lee!

Last taxi driver

Lee Durkee
Black Coffee, 304 pp., 18 euro

Annino La Posta – Franco Battiato. Soprattutto il silenzio

La morte di Franco Battiato lascia un vuoto nella musica d’autore italiana e mondiale. Autore capace di essere ermetico e pop allo stesso tempo, amato da intellettuali e dall’uomo della strada.

La ricerca interiore coltivata attraverso viaggi in tutto il mondo e attraverso lo studio di religioni e delle pratiche mistiche hanno reso la produzione di Battiato peculiare, ricca di riferimenti culturali ma non necessariamente eruditi.

Battiato lascia ai suoi fan molti album in studio, raccolte, live. La sua arte si è espressa anche con la pittura e il cinema. Notevoli anche le collaborazioni artistiche coltivate negli anni, tutte di spessore (dal poeta e filosofo Manlio Sgalambro alla cantante Alice, dal leader dei CCCP-CSI Giovanni Lindo Ferretti alla soprano Ginevra Di Marco passando per Goran Bregovic e fino al figlio d’arte Morgan).

Il libro di Annino La Posta ci fa rivivere tutta la carriera dell’autore siciliano, dagli esordi alla fine del primo decennio del 2000. Per ogni album c’è un’apposita sezione che analizza la genesi di ogni singola traccia, servendosi anche di dichiarazioni dello stesso Battiato.

Il suo ultimo inedito, Torneremo Ancora del 2019, è il testamento spirituale ed artistico di un uomo indimenticabile.

Rosma Scuteri – New York anni 80

Più che un libro una mappa della New York frizzante e frenetica degli anni 80 attraverso interviste ad artisti e galleristi, reportage dell’epoca e ficcanti critiche artistiche ed estetiche. L’arte del Lower East Side che da underground diventava mainstream, un quartiere che prima delle gentrificazioni pianificate si riqualifica mediante la spontaneità dell’espressione artistica d’avanguardia: graffiti, murales, sculture, break dance, pop art. I capitoli scritta dalla Scuteri vanno oltre i celebrati Jean Michael Basquiat e Andy Wharol, simboli del decennio newyorkese e personaggi bandiera del movimento artistico, per occuparsi di artisti, collettivi e spazi (ABC no Rio) meno conosciuti ma molto influenti e caratterizzanti.

Un decennio non solo di gloria e vernissage, ma anche di crisi: il crollo di Wall Street del 1987 incide in maniera negativa sui finanziamenti agli artisti e porta alla chiusura di alcuni spazi o al loro spostamento verso nord, uptown, nella Soho prediletta dall’establishment finanziario.

La diffusione dell’Aids, pandemia ante-litteram, frena gli incontri (sessuali ma non solo) nella Manhattan delle mille luci degli anni 80, creando distanza e barriere tra le persone e influenzando anche le espressioni artistiche.

Il libro della Scuteri è una preziosa testimonianza di chi ha vissuto quell’esperienza in prima persona, decodificando i linguaggi e influenzandone l’arte.

Don DeLillo – L’uomo che cade

(Dalla quarta di copertina)

Keith Neudecker lavora nelle Twin Towers e sopravvive al crollo di una delle due. Si ritrova coperto di cenere, vetro e sangue, in mano stringe una valigetta non sua. Scioccato, si fa portare a casa della moglie Lianne, dalla quale si era separato da oltre un anno. Keith e Lianne cercano di riavvicinarsi, con loro c’è il figlio Justin, che passa le giornate scrutando il cielo alla ricerca di altri aerei mandati da Bill Lawton (così, con i suoi amici, Justin storpia il nome di bin Laden). Dalla valigetta Keith risale a Florence, un’altra sopravvissuta, che inizia a frequentare all’insaputa della moglie. Una relazione, anche sessuale, retta sul trauma che li accomuna. Nella seconda parte compare Nina, la madre di Lianne. Da dopo il suicidio del marito sta con Martin, un uomo ambiguo che ha vissuto tra gli Stati Uniti e l’Europa: un miscredente, un occidentale, un bianco, ma forse anche un terrorista. Tre anni dopo, il tentativo di ricostruire la famiglia è fallito: Keith trascorre lunghi periodi in viaggio, da Parigi a Las Vegas, immerso nei tornei di poker, assorbito in una vita che lo riduce quasi una cosa; Lianne aiuta con corsi di scrittura creativa anziani affetti dall’Alzheimer e si è avvicinata alla religione cattolica. Le loro vite sono intersecate dall’uomo che cade, un performer che si lancia in caduta statica da vari punti della città, assumendo le posizioni di un uomo che si era buttato dalle Torri prima del crollo: “a testa in giù, con le braccia tese lungo i fianchi, un ginocchio sollevato”.

Bret Easton Ellis – Bianco

Il ritorno di Bret Easton Ellis alla letteratura a circa 10 anni di distanza da Imperial Bedrooms. Non si tratta di un romanzo quanto di una raccolta sistematica di appunti dell’autore che parte dalla sua formazione e passa per gli stadi fondamentali della sua vita di scrittore ed intellettuale.

Ellis adora il cinema e ha sviluppato molte collaborazioni con l’industria come sceneggiatore e ci parla dei film che più lo hanno influenzato, e turbato, durante l’infanzia e l’adolescenza nella Los Angeles degli anni 70. Critiche non prettamente cinematografiche quanto estetiche, sui linguaggi usati dai registi e sull’impatto avuto sugli occhi degli spettatori.

Il politicamente corretto dilagante che non permette di esprimere un’opinione senza il rischio di essere massacrati dal conformismo di falangi che hanno ragione a prescindere, da eserciti civili (è proprio il caso di dirlo) che stanno per definizione nella metà campo giusta, è una delle derive dell’America anti-Trump.

Ellis, che ripetutamente si dichiara gay e liberal, ammette di non aver votato per Trump ma riporta perplesso il comportamento di stampa, intellettuali ed amici che in maniera manichea ne vedono la rappresentazione del Male e la causa della decadenza degli USA. Rappresentazioni bizzarre del presidente, ritratti al limite della caricatura, contro Trump tutto è ammesso, anche minacciarlo di morte o volerlo colpire in maniera violenta.

Probabilmente la contrapposizione bipolare è accentuata da quella che Ellis chiama corporate culture, dove la discussione sui social è polarizzata e sintetica per definizione. Conta mettere mi piace, ottenere like e condivisioni, non provare a sviluppare un discorso logico o semplicemente provocatorio. I social network come recinti vuoti, dove i cervelli sono già fuggiti.

Particolarmente godibile e sicuramente apprezzata dai suoi fan è la parte in cui l’autore racconta la sua vita a Manhattan negli anni 80, quando nasce il suo libro più venduto American Psycho. Ellis parla della genesi del romanzo, delle sfumature del personaggio Patrick Bateman e di dove lo si potrebbe incontrare oggi.

Intenso il ricordo di Ellis sull’11 Settembre che all’epoca viveva a Manhattan.

Un libro che parte guardando indietro e che si serve del passato per descrivere il presente e provare ad orientare il lettore nel mondo del post-impero.

Eduard Limonov – Diario di un fallito

L’esperienza di Eduard Limonov a New York, da cui invia questo diario come se fosse una raccolta di cartoline per l’umanità. Una scrittura creativa, a tratti surreale, che si esprime nella traduzione italiana come poesia in prosa. Brevi testi per descrivere il candore della neve e il nero del catrame della città o la ricchezza di alcuni contro la povertà di Limonov stesso.

Povero sì ma non di talento. Limonov è sempre egocentrato, descrive la sua misera vita nella “Grande Mela” attraverso immagini di scarafaggi e ratti, scene di sesso e pulsioni sessuali inconfessabili. Dissacrante per natura, a tratti sociopatico, le sue svagate riflessioni passano dall’angolo buio della sua stanza fino all’umanità come sistema governabile attraverso sedicenti rivoluzioni armate. L’eroismo delle armi ed il machismo tenero della guerra dei sessi sono temi che Limonov porta avanti per gran parte della sua esperienza americana ed anche per il resto della sua vita. In anni in cui il politicamente corretto non era ancora un dogma da rispettare, Limonov forza la mano del dissacrante e dell’intellettuale di rottura. Dalle sue pagine traspare una grande insicurezza, un sentirsi inadeguato in un contesto che rende invisibile, un bipolarismo di sentimenti: l’autocommiserazione di sovietico emigrato per scelta e l’esaltazione di avere un cervello pensante che lo porterà ad interrogarsi ogni secondo sulla sua vita e sulle sue azioni. Un uomo libero!

Xavier de Maistre – Viaggio intorno alla mia camera

Un libro di cui ho sentito parlare la prima volta molti anni fa, durante le lezioni di Letterature Comparate tenute dal compianto professor Armando Gnisci all’Università La Sapienza. Lezioni coinvolgenti di una materia che non fu facile inquadrare da una semi-matricola. Non c’era solo da leggere meccanicamente i libri per rispondere alle domande durante l’esame, era necessario comprendere la disciplina. Oggi penso che Letterature Comparate sia stato uno degli esami più interessanti e coinvolgenti della mia carriera universitaria, lasciandomi in testa non tante certezze ma molte domande e spunti intellettuali. Penso che Letterature Comparate sia un metodo e un approccio alla letteratura, alle lettere in genere, e di un esercizio mentale permanente per capire e comprendere il mondo attraverso manifestazioni e fenomeni in primis letterari ed anche culturali.

Il canone dei testi che ministeri e prassi consolidate ci impongono come capolavori ma che nessuno legge, e la letteratura dell’altro, del diverso, proveniente da Paesi che sono considerati il “Terzo Mondo” della letteratura, ma che sono capaci di raccontare l’altro ed anche noi stessi.

La morte del professor Gnisci nel giugno 2019, nel periodo degli esami della sessione estiva, lascia un cratere di dolore e nostalgia nei suoi studenti e nella Facoltà di Lettere e Filosofia.

Il libro di de Maistre è composto da 42 capitoli, come 42 i giorni di confinamento a cui fu sottoposto per un duello non autorizzato. L’autore viaggia con la mente e con il corpo lasciandosi andare a riflessioni filosofiche, dialogo con l’altro da sè, la sua bestia, e ci insegna in questi tempi di semi-confinamento obbligatorio che l’ultima frontiera di libertà per l’essere umano rimane la propria mente.

Xavier de Maistre – La giovane siberiana

Scritto nel 1815 (o 1825, la data è incerta) dall’ufficiale savoiardo Xavier de Maistre, “La giovane siberiana” è stato pubblicato negli anni 50 da Utet nella collana per ragazzi “La scala d’oro”. Narra le vicende di una ragazzina, Prascovia, costretta con la sua famiglia in esilio, e decisa a riscattare la libertà e l’onorabilità del padre intraprendendo un lungo viaggio a piedi dal remoto villaggio della provincia di Tobolsk fino alla corte dell’Imperatore a San Pietroburgo. Due anni vissuti tra villaggi innevati, boschi inospitali, passaggi su diligenze postali e battelli in risalita sul fiume.

L’edizione Utet è semplificata ed illustrata, tuttavia riuscendo a mantenere quelli che probabilmente erano i temi cari a De Maistre: la fede in Dio, il buon cuore e l’animo nobile anche dei poveri.

De Maistre visse in Russia per circa 25 anni e descrive con abilità la vita umile delle famiglie siberiane costrette all’esilio.

Il libro è di difficile reperibilità nelle libreria ma ancora disponibile in alcune biblioteche comunali e regionali.

Il prossimo libro che verrà recensito, attualmente in fase di lettura, è il celebre “Viaggio intorno alla mia stanza” dello stesso De Maistre.

Emmanuel Carrère – Limonov

Eduard Limonov, scrittore e dissidente sovietico, morto lo scorso 17 Marzo 2020 è lo spunto per l’autore Emmanuel Carrère per raccontarci gli anni dell’Unione Sovietica e della turbolenta transizione verso la democrazia.

La vita di Limonov è di per sè un romanzo: giovane scrittore di poesia nella sperduta provincia Ucraina, artista emergente a Mosca, squattrinato maggiordomo al servizio di un milionario nella New York delle mille luci degli anni 80, miliziano durante la Guerra nei Balcani. Provocatore e dissacrante, paradossale nelle sue esternazioni e feroce critico del sistema comunista e e di quello capitalista, Limonov con la sua vita e soprattutto con i suoi libri lascia una traccia importante su cui molti ragazzi sovietici percorrono i passi verso la libertà mentale e di pensiero. Romanzi ancora oggi venerati dai suoi adepti ed ex militanti del partito Nazionalbolscevico, proprio da Limonov fondato. “Il poeta russo preferisce i grandi negri”, “Diario di un fallito” e “Il trionfo della metafisica. Memorie di uno scrittore in prigione” appartengono alla cultura underground in salsa russa.

Carrère usa il personaggio anche per raccontare un po’ della sua vita da intellettuale francese di origine russa, azzardando qualche parallelismo intellettuale, e soprattutto fornisce una lettura sul frammentato e solo apparente monolitico mondo socialista dell’Est Europa, introducendo spiegazioni e dissertazioni sulla caduta del comunismo in Urss, in Romania, in Jugoslavia.

Un libro capace di presentare anche altri autori più o meno contemporanei di Limonov, un filone letterario forse ancora poco conosciuto in Italia. Da Erofeev e la sua “Mosca sulla vodka” a Prilepin e “Il monastero” fino ad “Arcipelago Gulag” di Aleksandr Solzenicvn.

Nagib Mahfuz – Il ladro e i cani

Dalla terza di copertina

Nell’itinerario narrativo di Nagib Mahfuz, “Il ladro e i cani” segna l’affrancamento da alcune proposizioni del realismo e la ricerca di uno stile in cui confluiscano quotidianità e trascendenza, come segni esemplari del mondo concreto e del mondo fantastico. Nelle vicende di un ladro che, attraverso la vendetta, insegue un’improbabile giustizia per il tradimento degli ideali giovanili, si celebra infatti la rappresentazione allegorica di una concezione tragicamente catartica dell’esistenza. Le pagine del romanzo si affollano allora di personaggi identificanti le trascorse esperienze del protagonista e il rispecchiamento di questi in una mutevole realtà che sempre lo relega in quella dimensione dove verità e menzogna coincidono annullando sia i miti del passato sia le speranze nel futuro. Il saggio, il poliziotto, l’amico importante, la prostituta, l’oste, la moglie, il rivale e la figlia che lo rifiuta, costituiscono per Sadi Mahran un travagliato presente ossessivamente segnato dall’imperativo della rivalsa: un mondo fitto di viuzze, palmizi, taverne, periferie desolate, contrafforti sabbiosi e cimiteri prospicienti il deserto, in cui solamente il ricordo può guidarlo, dopo un cammino scandito da morti innocenti, all’appuntamento con il proprio destino. Infine il pensiero di Sadi Mahran si aggruma intorno all’idea di un’entità superiore, di cui la morte personifica l’araldo…

Robert M. Pirsig – Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta

Appunti sul libro

Un libro che con il pretesto del viaggio in moto ci porta in territori di speculazione filosofica. Pirsig ha scritto solo due libri nella sua vita, ma ha letto e studiato molti testi di filosofia greca e indiana. Dal Minnesota a San Francisco in compagnia del figlio Chris e di due amici che lasceranno il viaggio a metà.

Pirsig ed il suo alter-ego Fedro (probabilmente si infurierebbe se sapesse che l’ho definito così) ci raccontano in maniera chiara e leggera alcune operazioni per la manutenzione della motocicletta, che diventa un esercizio spirituale e di conoscenza. Il concetto di Qualità prende molte interessanti pagine del libro e Pirsig è un ottimo divulgatore, non noioso e appassionato. Ci racconta la sua esperienza di docente, offrendo anche degli spunti di metodologia didattica illuminanti, e di studente adulto che riflette sugli errori e sui progressi fatti durante la sua ricerca. Sullo sfondo la malattia psichiatrica che lo porta ad allontanarsi dalla famiglia e dalla prima moglie.

Composto di 4 parti e di una postfazione, tutte scorrevoli ed interessanti, è un libro da leggere tutto d’un fiato e da tenere sul comodino per sempre utili e necessari chiarimenti e ripassi.

Dalla quarta di copertina

“Una Grande Avventura, a cavallo di una motocicletta e della mente; una visione variegata dell’America ‘on the road’, dal Minnesota al Pacifico; un lucido, tortuoso viaggio iniziatico. Qual è la differenza fra chi viaggia in motocicletta sapendo come la moto funziona e chi non lo sa? In che misura ci si deve occupare della manutenzione della propria motocicletta? Mentre guarda smaglianti prati blu di fiori di lino, nella mente del narratore si formula una risposta: “”Il Buddha, il Divino, dimora nel circuito di un calcolatore o negli ingranaggi del cambio di una moto con lo stesso agio che in cima a una montagna o nei petali di un fiore””. Questo pensiero è la minuscola leva che servirà a sollevare altre domande subito incombenti: da che cosa nasce la tecnologia, perché provoca odio, perché è illusorio sfuggirle? Che cos’è la Qualità? Perché non possiamo vivere senza di essa?”

Thomas Pynchon – Un lento apprendistato

Vi è mai capitato di comprare un libro e poi di lasciarlo in libreria per mesi, per anni? A noi sì, molte volte. Un lento apprendistato è uno di questi, comprato nel Giugno 2009, iniziato a sfogliare e poi accantonato per qualche ragione che ora ci sfugge. Probabilmente eravamo concentrati su qualche altra lettura, forse in estate ci siamo dedicati ad altri interessi. Fatto sta che pochi giorni fa, scansionando la libreria in cerca di pagine nuove, abbiamo ritrovato questo volume nella sempre piacevole collana Stile libero di Einaudi (a proposito, ci sono tante belle case editrici in Italia ma il fascino di Einaudi è sempre irresistibile) e dopo le prime pagine leggermente ingiallite dal tempo siamo passati a leggere l’interessante introduzione dello stesso autore che riflette sul mestiere dello scrittore e critica aspramente la sua stessa opera, non riconoscendosi in essa. Pynchon dubita che sia stato proprio lui a scrivere quei racconti, affermando che il lui di 50 anni fa è ovviamente diverso da quello che è oggi come uomo e come autore. Cinque racconti scritti fra il 1958 ed il 1964 formano la raccolta che nel titolo originale è Slow learner. Per aspiranti scrittori.

I racconti presenti nella raccolta:

  • La pioggerella
  • Terre Basse
  • Entropia
  • Sotto la rosa
  • L’integrazione segreta

Roberto Bolaño – Chiamate telefoniche

(Dalla quarta di copertina)

I quattordici racconti che compongono questa raccolta apparsa nel 1997, agli esordi della carriera di Roberto Bolaño, distillano già quelle che saranno le ossessioni ricorrenti della sua narrativa e i temi attorno a cui si addensano: la letteratura, la violenza – appena sussurrata o quanto mai tangibile –, l’amore e il sesso. Il lettore vi incontrerà esistenze borderline, apolidi e insane, alla ricerca di un senso o che al senso hanno rinunciato, sballottate dal caso e da un’assurda quotidianità, tra amori infelici, errori evitabili e solitudini. Sono racconti aperti, imprevedibili, che non si esauriscono nella desolante constatazione dell’insensa­tezza della vita umana, ma giocano con il lettore, spingendolo a cogliere le citazioni occulte, le figure nascoste nella trama dell’ordito, a cercare di comprendere messaggi che risultano indecifrabili in primo luogo ai protagonisti stessi. Come se al fondo di ciascuna di queste storie ci fosse un enigma che sa essere, al tempo stesso, ilare, inquietante e spaventoso.

Lucio Biancatelli – Poveri ma belli. Il Pescara di Galeone dalla polvere al sogno

Per rivivere le emozioni degli anni 80 della costa abruzzese. Biancatelli ricostruisce l’impresa sportiva del Pescara retrocesso in C nel 1986/1987 e che dopo il ripescaggio andrà a conquistare una promozione storica in serie A capitanata dall’allenatore viveur Giovanni Galeone. Impreziosita dalla prefazione di Gianni Mura, altro estimatore del calcio e dei buoni vini, l’autore raccoglie le testimonianze dei protagonisti della squadra biancazzurra, partendo proprio dall’allenatore e dal presidente Marinelli. Una squadra composta da calciatori di talento: Gianpiero Gasperini e Rocco Pagano, la freccia dell’Adriatico, i canterani Camplone e Dicara, il bomber Rebonato. Il percorso continua con l’altrettanto storica salvezza del 1987/1988, con una squadra capace di espugnare San Siro sponda Inter all’esordio e di presentare un 11 iniziale con Leo Junior e Baka Sliskovic. Sullo sfondo delle pagine di Biancatelli si intravede la Pescara degli anni 80, una città in crescita e capace di dominare a livello mondiale nella pallanuoto grazie anche al talento di Manuel Estiarte, una città votata al turismo e al buon vivere, tanto che molti dei protagonisti dell’epoca sono rimasti in città anche dopo aver chiuso l’esperienza calcistica in biancazzurro. Un libro imperdibile per gli sportivi che hanno amato lo stile fuori e dentro il campo del vate Galeone.

Valerio Evangelisti – Gocce nere

Dalla seconda di copertina

In un futuro non troppo lontano, un regime informatico globale governa la vita dei cittadini attraverso il Vortex, una gigantesca stazione orbitale che per conto dell’ONU gestisce tutte le reti di informazione. A combattere questa forma di dittatura sono solo alcuni nuclei di guerriglieri sparsi per il mondo, che hanno creato una loro rete di comunicazione denominata Resyst. La fuga di un detenuto da un carcere di massima sicurezza in Giappone sembra il preludio ad un’azione sovversiva mondiale che avrà il suo culmine nel nuovo carcere brasiliano di Sepultura, dove si nasconde un terribile segreto

Michele Masneri – Steve Jobs non abita più qui

La California del nord, quella della Silicon Valley dai prezzi esorbitanti delle case e delle stanze, dove si fa tutto o quasi con le app. Michele Masneri ci porta in viaggio col suo “Erasmus tardivo”, esplorando l’umanità e le bizzarrie di chi progetta di diventare milionario con la sua app e nel frattempo vive nei sottoscala, descrivendo ingegneri che guadagnano centinaia di migliaia di dollari ma vivono ancora nei camper, intervistando vecchie glorie della California che fu, girovagando per la San Francisco della “Summer of love” che dopo mezzo secolo vede la sua rivoluzione sessuale tramutatasi in mania. Il cibo biologico e vegan, il sesso, la prevenzione dell’Aids, e due nemici pubblici che è meglio non nominare in pubblico: Donald Trump e soprattutto “lo zucchero”!

Nella prima parte il libro alterna un tono ironico ad una descrizione anche amara del mondo in cui tutti vivremo fra poco a seguito dell’accelerata Covid: un mondo con pochi contatti personali e con scarsissime possibilità di improvvisazione, anche se si tratta semplicemente di farsi tagliare i capelli in un parrucchiere da coworking. Proprio la prima parte rappresenta la più interessante di tutte le circa 300 pagine, Masneri usa uno stile linguistico scorrevole e forbito, ricco di anglicismi intraducibili (o quasi) in italiano.

Negli ultimi capitoli l’autore comincia a percorrere la Highway 1 in direzione sud fermandosi, tra gli altri luoghi, a Malibu, Santa Monica e terminando il suo viaggio a Palm Springs.

Notevoli e da ricordare le interviste realizzate a domicilio agli scrittori Jonathan Franzen e Bret Easton Ellis.

Thorkild Hansen – Arabia Felix

Cover

Recensione di letteraturadiviaggio

Può un libro ambientato 250 anni fa emozionarci e farci vedere con gli occhi dei protagonisti luoghi che rimangono remoti anche nel 2020?

Arabia Felix ricostruisce con un stile epistolare l’epica, è il caso di dirlo, spedizione scientifica danese che portò conque uomini con un servitore a compiere un viaggio di ricerca scientifica da Copenhagen allo Yemen passando per Marsiglia, Costantinopoli, El Cairo, e poi Bombay, Bassora, Baghdad, Aleppo fino al ritorno di un solo membro della spedizione in Danimarca. Le avventure di un agrimensore, un botanico, un medico, un filologo ed un illustratore in giro per tre continenti alla ricerca di informazioni scientifiche. Un’avventura ai confini del mondo fino ad allora esplorato a dorso di mulo ed in coda a carovane di mercanti, su navi robuste e battelli fatiscenti, in case di pietra o all’addiaccio, a cena con ricchi Iman o a digiuno.   

Romanzo storico, documentato dalle corrispondenze dell’epoca, ben strutturato dall’autore che a tratti si lascia anche andare a commenti e valutazioni sulle caratteristiche personali emotive e relazionali dei partecipanti all’eroica spedizione. Rimane impressa la capacità di Hansen di descrivere i luoghi visitati e l’umanità incontrata, e i diari dei membri della spedizione ci aiutano a capire lo sforzo e l’entusiasmo nel compiere un’impresa che rimane ancora oggi un apporto fondamentale alla scienza e alla conoscenza di luoghi che rimangono remoti. La domanda che fa sfondo a tutte le pagine del libro: perchè si chiama Arabia Felix?  “O forse la felicità è in ogni luogo: il confine del suo paese è quel cerchio perfetto che l’orizzonte traccia intorno a noi e di cui, ovunque ci troviamo, sempre siamo il centro”.

 

Presentazione dell’editore

Il 4 gennaio 1761 una nave lascia il porto di Copenhagen diretta a Costantinopoli: a bordo vi sono i membri della prima grande spedizione scientifica danese. La meta è lo Yemen, la terra che, fin dall’antichità, porta uno di quei nomi «che usiamo dare ai luoghi che conosce solo la nostra nostalgia». «Perché l’Arabia Felice è chiamata felice?», scrive nel diario il giorno della partenza Peter Forskkål, uno dei protagonisti della spedizione. Ed è questa la domanda sottintesa a tutto il libro: esiste il paese della felicità? Ricostruendo sulla base di innumerevoli documenti la storia del «viaggio arabo» voluto da Federico V, e seguendolo tappa per tappa, attraverso Costantinopoli, Alessandria, Il Cairo, il Sinai, il mar Rosso fino allo Yemen e la lunga odissea del rientro in patria, Thorkild Hansen racconta in realtà la storia di ogni esperienza umana: quel viaggio di andata e ritorno di cui parlano i miti, le fiabe, le epopee. Gli scienziati partono, per scoprire e conoscere, ma in realtà proiettano in un luogo lontano la realizzazione dei propri sogni – di sapere, di gloria, di ricchezza – troveranno sofferenze, fatiche, gioie, conquiste, fallimenti, e la morte. Solo uno farà ritorno: Carsten Niebuhr, partito come «il figlio inetto» delle fiabe, convinto di non essere all’altezza del suo compito, ma aperto alle esperienze, capace perfino di rinunciare alla propria identità per fare sua la lezione del deserto: «non avere niente, non essere niente». La felicità non è in nessun luogo: il nome di Arabia Felix è nato da un equivoco. O forse la felicità è in ogni luogo: il confine del suo paese è quel cerchio perfetto che l’orizzonte traccia intorno a noi e di cui, ovunque ci troviamo, sempre siamo il centro.

(Non) sopravvivere all’infodemia Covid: consigli per letture e visioni

1991 – L’immunologo Fernando Aiuti bacia la sua paziente Rosaria Iardino

(Post in aggiornamento)

Introduzione

Giuseppe D’Avanzo 13 Settembre 2005

Già gli americani, dopo l’11 Settembre, hanno sperimentato quale straordinario strumento di governo possa essere la paura. Diventata fondamento della ragione politica (e morale), la paura svela una forza incontrollabile. Può correggere la mappa del potere (rafforzandone la verticalizzazione autoritaria); ridistribuire le risorse di una società; influenzare il dibattito pubblico; condizionare in modo significativo le scelte della politica pubblica; deformare pesantemente i diritti fino a trasferire la soluzione di ogni controversia a uno stato pre-giuridico dove contano solo il sospetto e il pregiudizio. Diventata “idea politica”, e magari alimentata con sapienza della élite del potere, la paua può modificare le nostre convinzioni su presente e futuro, conflitto e sicurezza, libertà e protezione, “noi e loro”.

Ieri il terrorismo, oggi il virus, domani l’ambiente…

Anno 2020, il futuro distopico è qui. Misure di contenimento inimmaginabili fino a pochi mesi fa sono la realtà quotidiana: autocertificazioni per uscire di casa, controlli più o meno serrati delle forze dell’ordine, paura, neolingua, vita biologica contro vita sociale, distanziamento tra persone, mani lavate (e cuori sporchi. Citazione), mascherine al chiuso e all’aperto. L’altro da noi è ormai un virus, un pericolo per noi e per i nostri cari (“Ho i miei genitori anziani”), e non ci resta che rimanere tappati in casa più tempo possibile davanti alla tv o al computer connesso. La divisione tra apocalittici e integrati è forse uno degli aspetti più inquietanti di questo tragico anno: essendo il messaggio finale che l’altro è pericoloso diventano pericolose anche le due fazioni.

L’epifenomeno dei contagiati da coronavirus con i relativi ricoveri e “le terapie intensive” sono il mantra martellante che i mass-media ripetono a reti quasi unificate per 24 ore al giorno da ormai 10 mesi. 

Chi prova a spiegare che dietro l’epifenomeno potrebbe essere catalizzatore di riforme e rivoluzioni economiche, sociali, relazionali, viene bollato come “complottista” o “negazionista”(qui un interessante riflessione di Wu Ming sul termine). Senza sapere che esistono riferimenti letterari, saggistica, film, serie TV, fumetti che aiutano a interpretare il mondo oltre i confusi numeri forniti dalle autorità nazionali ed internazionali.

Ecco una breve guida di letture, film e serie TV che offrono spunti di riflessione e di analisi del 2020. La lista sarebbe infinita, questo è solo un inizio.

Saggistica

Romanzi

Video Youtube

Film e televisione

  • Handmaid’s tale. Serie TV ideata da Bruce Miller e tratto dal romanzo di Margaret Atwood. (Per stomaci forti. Un futuro in cui non nascono i bambini, le ancelle sono le donne fertili che vengono assegnate alle famiglie delle élite per procreare. Il mondo che ruota attorno alle ancelle e alle stesse famiglie dominanti è inquietante, tetro. Difficile da recensire, durissimo da vedere e non cogliere le per fortuna ancora poche assonanze con il mondo del 2020)
  • Michael Radford, 1984. (Tratto dal romanzo di Orwell)
  • Danny Boyle – 28 giorni dopo (In una Londra spettrale, evacuata dopo una pandemia di rabbia, Cillian Murphy trova la strada di casa insieme ad alcuni compagni di viaggio. Sceneggiato dallo scrittore Alex Garland, anche regista del titolo che segue )
  • Alex Garland – Ex Machina (Cos’è un uomo? Cos’è un robot?)
  • Steven Soderbergh – Contagion (Può esistere una teoria del complotto prima del complotto stesso? Questo film di Soderbergh del 2011 sembra immaginare con precisione ed accuratezza la pandemia di Covid-19. Dalla nascita del virus in una foresta in Oriente dalle feci di un pipistrello alle quarantene fino alle vaccinazioni di massa. Buona visione)
  • Black Mirror – Serie TV Antologica. Quante volte durante il primo confinamento obbligatorio del Marzo 2020 abbiamo sentito: “Sembra di vivere in una puntata di Black Mirror?”. La forza profetica della serie è inquietante, essendo stata capace di anticipare tanti temi che durante e dopo i provvedimenti antiCovid sono emersi palesemente nella nostra società occidentale, primo fra tutti il dominio e l’abuso di tecnologia, soprattutto quella portatile. La serie consiste in 5 stagioni per 22 episodi indipendenti; c’è ovviamente una connessione implicita tra gli episodi ma ognuno di essi rimane unico e visionabile senza conoscere le puntate precedenti. L’ideatore della serie è lo scrittore e giornalista britannico Charlie Brooker, il primo episodio è andato in onda a fine 2011 (The National Anthem, una puntata particolare ed abbastanza “analogica” rispetto a quelle che seguiranno, il cui tema centrale è la scopofilia del pubblico di Youtube), l’ultimo nel Giugno 2019 (Rachel, Jack & Ashley too, che tra i tanti contenuti tocca quello della programmazione Monarch di alcune star di Hollywood, non a caso interpretata da Miley Cyrus). In mezzo episodi più o meno memorabili e più o meno disturbanti, un tempo fantascientifici ed oggi vicini alla realtà: impossibili da sintetizzare qui. Certo stupisce come Brooker intuisca e porti alla realtà un progresso che sembrava lontanissimo: le case ricaricabili con una bici elettrica (15 milioni di celebrità St1 Ep2), gli Avatar del metaverso di Striking Vipers (St5Ep1), o anche i robot poliziotto della Boston Dynamic di Metalhead (St4Ep5), passando per gli hater di Hated in the Nation (St3Ep6). Una serie TV che vale l’investimento di tempo, considerando che in media un episodio dura 45 minuti; ne otterrete in cambio tanto cibo per la vostra mente. Segnalo i miei episodi preferiti (St1Ep3; St2Ep1; St2Ep2; St3Ep1; St3Ep4; St3Ep6; St4Ep2; St4Ep5; St4Ep6; St5Ep1). Per prepararsi mentalmente al futuro teorizzato da Orwell, rappresentato da Brooker, realizzato da BigTech e programmato dal WEF.

Sitografia

  • Dichiarazione di Great Barrington – Redatto da Dott. Martin Kulldorff, professore di medicina all’Università di Harvard, biostatistico ed epidemiologo con esperienza nell’individuazione e nel monitoraggio delle epidemie di malattie infettive e nella valutazione della sicurezza dei vaccini. Dott. Sunetra Gupta, professore all’Università di Oxford, epidemiologo con esperienza in immunologia, sviluppo di vaccini e modellazione matematica delle malattie infettive. Dott. Jay Bhattacharya, professore alla Stanford University Medical School, medico, epidemiologo, economista sanitario ed esperto di politica sanitaria pubblica, con particolare attenzione alle malattie infettive e alle popolazioni vulnerabili.

Emilio Salgari – La boheme italiana

(Dalla presentazione della casa editrice)

Un racconto autobiografico, l?unico nella produzione di Salgari, in cui il creatore di Sandokan riporta alla mente i giorni della sua giovinezza, quando lasciò la città per vivere in campagna e fondare la Topaia, piccola comunità artistica di impronta bohémienne. Sulle orme dei protagonisti della vita goliardica, rocambolesca e intellettuale della Parigi di Murger, che Puccini contribuirà a rendere celebre nell?immaginario comune, anche i giovani italiani vissero la loro bohème, tra bevute, musica, espedienti per sbarcare il lunario e non pagare l?affitto. Ma come nella Bohème originale, in cui il freddo alla fine arriva alle porta di Rodolfo e Mimì, anche questo scritto di Salgari è percorso dalla malinconia per una fase spensierata della vita ormai perduta.

Giuseppe Pastore – La squadra che sogna

Giuseppe Pastore racconta con precisione, e con una punta di sano distacco, l’entusiasmante percorso della Nazionale italiana di pallavolo che tra il 1989 e 1996 ha conquistato trofei e fatto innamorare gli sportivi di tutto il mondo. L’allenatore, anche se definirlo così è riduttivo, era Julio Velasco: il vate, il guru, il maestro, il santone (lui odierebbe questi titoli) argentino che ha trasformato un gruppo di giovani talentuosi in una macchina perfetta capace di vincere mondiali, europei e World League a ripetizione.

I capitoli del libro sono divisi in anni solari e ripercorrono allenamenti, partite, set e punti della nazionale, arricchiti con dei paragrafi monografici dedicati ai singoli giocatori e alle loro storie personali e sportivi. Fantastico il paragrafo che riporta l’intervento integrale di Velasco all’Università di Bologna, un sunto perfetto del pensiero di Coach “Giulio”.

Il ricordo personale di quella squadra è indelebile per chi in quegli anni si avvicinava alla pallavolo, uno sport che divenne il secondo per popolarità nel nostro Paese. Tanti campioni che entrarono nelle nostre case diventando personaggi amati e seguiti: Andrea Lucchetta, il primo capitano e forse il più carismatico elemento del gruppo. 

Ricordo personale dei pallavolisti della squadra sognante

Lucchetta: non era possibile non amare il Capitano della nazionale azzurra. Capelli a spazzola scalati, sorriso magnetico, dialettica mai banale, ancora oggi personaggio televisivo e radiofonico. In campo il suo carisma si faceva sentire ad ogni palla che cadeva a terra, in ogni punto a favore o contro. Andrea Lucchetta è stato l’uomo più rappresentativo di quella squadra e le esclusioni di Velasco dopo Barcellona 1992 furono una pugnalata per molti tifosi; tifosi che poi arrivarono ad accettare ed ad amare il nuovo capitano Gardini e i nuovi centrali che regalarono altre vittorie agli azzurri.

Zorzi: il supereroe della squadra. Andrea Zorzi per i ragazzini dell’epoca era il pallavolista “più forte del mondo”, e molti rimanemmo stupiti quando il titolo di giocatore del secolo venne assegnato a Bernardi e a Kiraly (senza nulla togliere a livello tecnico e di mentalità a questi due fenomeni). Altissimo, potente e tecnico, Zorosan ha fatto sognare un’intera di generazione che si avvicinava ai parquet. Insieme al capitano Lucchetta, Zorzi è stato anche il simbolo della Mediolanum dei campioni che vinse il mondiale per club.

Gardini: l’altro centrale, dopo Lucchetta da cui erediterà la banda di capitano, la certezza, la roccia, la sicurezza. Diverso per stile dal capitano, si ricordano i suoi primi tempi letali. Fenomeno.

Bernardi: mister Secolo, il miglior giocatore del secolo assieme a Kiraly, non è mai stato un mostro di simpatia, soprattutto per gli avversari. Uno di quei volti che vorresti sempre al tuo fianco in una battaglia. Freddo come un killer, sportivamente cattivissimo. 

Giani: il ritratto che ne fa Giuseppe Pastore è semplicemente perfetto. Leggetelo.

Cantagalli: all’epoca i giornali ne parlavano bene, ma in campo commetteva diversi errori che facevano irritare i tifosi. Rimane un martello potente e affidabile.

Tofoli: il regista, compagno di squadra di Bernardi, freddo e sicuro nelle sue giocate. Sembrava alto un metro e mezzo, a distanza di anni scopro che misurava quasi centonovanta centimetri.

De Giorgi: l’attuale CT giocava poco ma non pochissimo, oggi pare un saggio, ma in quegli anni sembrava un comico. Ogni intervista, commento, movimento lo rendevano un personaggio da cabaret. Non stiamo parlando di una macchietta sia chiaro, anzi di un palleggiatore talentuoso e amato dal pubblico.

La generazione di fenomeni era molto più ampia, ma noi ci fermiamo qui. Leggete il libro del buon Pastore

Daniel Estulin – Cospirazione Octopus

 

Daniel Estulin, saggista e romanziere, offre la sua visione (tra le altre cose) sulla moneta elettronica e i rischi ad esso connessi. Elite finanziarie, giornalisti d’inchiesta, geni dell’informatica, anche il presidente degli Stati Uniti, tutti insieme per risolvere una crisi finanziaria dai possibili risvolti devastanti per la vita dei risparmiatori comuni. Vi dice niente? Romanzo intelligente, scorrevole e con la giusta dose di intrigo. Una lettura piacevole sotto l’ombrellone.

(Dalla presentazione editoriale)

L’economia mondiale è sull’orlo del collasso e, mentre si indebolisce il potere dei governi dei singoli Stati, cresce l’attività di controllo di un ristretto gruppo di persone, una regia occulta che manovra nell’ombra le sorti del pianeta. Il giornalista Danny Casolaro è stato assassinato nel corso di un’indagine che potrebbe portare alla luce il più grande dei complotti. Tentando di ricostruire le circostanze della sua morte, la sorella Simone viene a conoscenza di Octopus, nome dietro cui si cela l’organizzazione segreta delle élite politico-finanziarie. L’obiettivo di Octopus è il recupero dei codici segreti per accedere a conti correnti nei quali è depositata un’enorme quantità di denaro: il tesoro che da oltre mezzo secolo viene utilizzato per le attività illecite dei veri potenti del pianeta. Anche il Presidente degli Stati Uniti è alla disperata ricerca di quei soldi per salvare l’economia globale. Daniel Estulin, l’autore che ha fatto conoscere al mondo i segreti del Club Bilderberg, tesse la tela di un thriller senza respiro, delineando l’allucinante scenario di un mondo governato dai poteri occulti e dai gruppi d’interesse. Ma dove finisce la fantasia e comincia la realtà? Scritto da un implacabile indagatore dei meccanismi che regolano il Nuovo Ordine Mondiale, “Cospirazione Octopus” getta una luce inquietante sul futuro che ci aspetta.

Gianni Minà – Storia di un boxeur latino

 

La vita e la carriera di Gianni Minà in un libro tanto atteso quanto necessario. Minà parla della sua infanzia a Torino e delle origini della sua famiglia materna scampata al disastro del maremoto di Messina del 1908; la sua formazione e le sue avventure professionali in giro per il mondo. Un giornalista capace di farsi apprezzare dai suoi lettori e dai protagonisti che racconta nei suoi articoli e nei suoi documentari: Muhammad Ali, Eduardo Galeano, Jorge Amado, Gabriel Garcia Marquez, Robert De Niro. Personaggi che hanno segnato la vita sportiva, culturale e artistica del mondo.

Minà rappresenta l’idea stessa di giornalismo romantico: quella professione fatta di sala stampa affollate e telefoni a gettoni, macchine da scrivere e taccuini. Un giornalismo fatto in presenza, girando il mondo e arricchendosi mentre si racconta ai lettori l’evento e il mondo che lo circonda. Uno degli ultimi maestri di una professione che ha fatto sognare generazioni di lettori e studenti. La vita che si fa epica: Gianni Minà.

 

Alex Pentland – Fisica sociale

Recensione di Letteratura di Viaggio.

“Io vivo nel futuro”. Questo l’incipit dell’introduzione di Pentland al suo libro. Questo futuro che dopo la “pandemia” Covid-19 è diventato presente. Lo scienziato americano ci parla di intelligenza collettiva e reti sociali, di big data e dell’applicazione nelle nostre vite.

La tesi principale di Pentland è favorire l’interazione degli esseri umani: in azienda durante le ore di lavoro e in città durante il tempo libero. Il fine è quello di dare maggiore creatività alla soluzione dei problemi, aumentare la produttività e soprattutto arrivare a predire i comportamenti non dei singoli ma dell’insieme degli esseri umani che vivono in una comunità. Non solo per motivi commerciali o di consumo ma anche per ottimizzare gli spazi e le funzionalità delle nostre città.

Pentland si serve della matematica e di alcune complesse (per il lettore medio) equazioni per teorizzare la sua ricerca, oltre che di badge biometrici capaci di registrare le emozioni ed il comportamento umano. Gli smartphone capillarmente diffusi e il loro uso ogni ora sono un ulteriore elemento per raccogliere e organizzare i big-data.

L’immagine di copertina del libro è quantomai eloquente: per comunicare allo sciame dove costruire il loro alveare un ape inizia a volare verso il punto prescelto. Se viene seguita dapprima da un numero esiguo di altre api aumenta la possibilità che anche altre api seguano lo sciame e infine che il luogo prescelto divenga la loro futura base.

Un libro moderatamente complesso da leggere e da comprendere, tuttavia imperdibile per analizzare il presente iperconnesso e ipotizzare il futuro nostro, delle nostre città ed in ultima analisi anche dell’umanità.

Dalla presentazione del libro.

“Se la rivoluzione dei big data ha un genio che la presiede, questi è certamente Alex Pentland. In anni di esperimenti innovativi ha distillato scoperte che oggi spalancano le porte di un campo scientifico completamente nuovo: la fisica sociale. La fisica sociale si occupa del flusso delle idee e di come le reti sociali le diffondano e le trasformino in comportamenti. Finora le ricerche dei sociologi sono dipese da set di dati limitati e da indagini che ci dicono ciò che le persone dichiarano circa i propri pensieri e comportamenti, piuttosto che ciò che veramente pensano e fanno. Siamo rimasti ancorati all’uso di categorie quali le classi sociali o il mercato. In realtà, gli esseri umani rispondono in modo molto più potente a stimoli sociali che implichino la gratificazione degli altri e rafforzino i legami, invece che a stimoli che implichino solo il loro proprio interesse economico. Pentland conduce i lettori oltre la soglia della più importante rivoluzione nello studio del comportamento sociale, verso un modo completamente nuovo di guardare alla vita stessa. Prefazione di Filippo Barbera, postfazione di Cosimo Accoto.”

Un ricordo di Luis Sepulveda (1949 – 2020)

Addio a Luis Sepulveda, intellettuale cileno e autore di libri amati in tutto il mondo: Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, La frontiera scomparasa, Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare. Quest’ultimo fu anche trasposto in un film animato realizzato da Enzo D’Alò quando la parola graphic novel non ancora esisteva.

Sepulveda nacque in Cile e visse i drammatici momenti della prigionia sotto la dittatura di Pinochet.

Nei suoi libri il viaggio è sempre presente, assieme all’esilio e al sogno della libertà. Una libertà guadagnata con gli anni e con l’esilio in Spagna, terra dove è morto oggi. Il mondo da oggi è meno ricco, mancherà il contributo di un intellettuale che ci avrebbe aiutato ad interpretare il momento di riassestamento globale e di ridiscussione delle libertà.

Paola Pedrini – Gli angeli di Calcutta

Dalla presentazione sul sito polariseditore.it

Gli Angeli di Calcutta: Sguardi sulla città e sul volontariato
Viaggiare per conoscere, per partecipare, non solo per vedere e poi raccontare. Paola Pedrini ha valicato il confine che separa il viaggio, anche il più coinvolgente, dall’immersione totale che né il turista, né il viaggiatore più smaliziato possono sperare di raggiungere. “Dopo tanti viaggi in India come donna e viaggiatrice è giunto un momento in cui ho sentito la necessità di fermarmi. Fermarmi e semplicemente dare. Chiedendomi il perché ma senza avere la pretesa di riuscire a trovare le risposte. A Calcutta, una delle città più terribilmente affascinanti dell’India, ho prestato volontariato in uno dei centri fondati da Madre Teresa e oggi gestiti dalle Missionarie delle Carità. A Calcutta ho conosciuto la povertà, la malattia, il degrado. Ma non solo. Ho imparato cosa significa amare, ho capito che non è mai abbastanza, ma quell’amore ha un valore inestimabile. Ho conosciuto persone speciali che hanno cambiato la mia vita, queste persone sono gli Angeli di Calcutta”.

John Fante – Un anno terribile

 

Da Torricella Peligna al Colorado, la storia di Dom Molise e della sua famiglia: nonna Bettina che parla solo italiano, il padre muratore disoccupato e giocatore di biliardo a tempo perso, la mamma rassegnata alle scappatelle del marito e i fratelli sullo sfondo, tutti in cerca di presente e di futuro.

Dom adora il baseball, la sua meta è diventare una stella come Joe di Maggio: passa le sue giornate con il suo amico Ken Parrish, allenandosi e sognando di lasciare il Colorado. In mezzo a miseria e povertà Dom trova il tempo per innamorarsi di Dorothy, sorella di Ken e ragazza più ricca della città.

Pagine cariche di passione e di sofferenza senza mai essere auto-indulgenti, pagine di una povertà da Nuovo Mondo, di grande attualità.

Sarebbe stato quasi meglio rimanere a Torricella Peligna. O no?

Recensione: Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio – Remo Rapino

Liborio Bonfiglio, anzi Bonfiglio Liborio come preferisce lui stesso indicando prima il cognome e dopo il nome, è la versione italiana e meridionale di Forrest Gump. La storia gli passa accanto ma a differenza di Forrest lui se ne accorge: la guerra e i partigiani, il lavoro nelle fabbriche e il boom economico, il ’68 e gli scioperi, le case chiuse e la legge Merlin, i manicomi e la legge Basaglia; come e più di Forrest la sua sensibilità di cocciamatte e di nonno italiano-meridionale gli permettono di decodificare ed in fondo assimilare gli eventi che si svolgono attorno al suo mondo.

Il 900 di Liborio (in abruzzese si dice Libborio) è simile a quello di Céline e al suo “Viaggio al termine della notte”, con meno cinismo ma non come meno acume, seppur popolare.

Liborio nasce in una famiglia semplice e povera come molte famiglie in quegli anni, senza padre e con la mente lo cercherà tutta la vita, il suo potenziale di bravo studente viene spazzato via dalla povertà e dall’esigenza di andare a lavorare (“lo studio è una cosa da ricchi”), e pur con una vita piena di “segni neri” riesce a trovare la sua strada in mondo competitivo che comincia ad essere ostile con i deboli, riesce ad essere più avanti rispetto ai piccoli borghesi della sua cittadina d’origine che guarda con invidia. Liborio fa il militare, vive e lavora a Milano e Bologna, conosce persone interessanti e trova anche il tempo per innamorarsi.

Forse l’Italia letteraria non ha bisogno di una letteratura abruzzese, ma l’Abruzzo ne ha eccome! La lingua del romanzo, un abruzzese italianizzato ancora oggi parlato anche dai laureati, è esplicita e colorata, divertente e quasi intraducibile. Una lingua con poca punteggiatura, all’inizio difficile da seguire ma una volta conosciuto Liborio e superata l’iniziale diffidenza reciproca, proprio come quando si parla con gli anziani al bar, è evocativa e carica di esperienza e contenuti.

Il merito principale di Rapino è mettere (ancora una volta) su mappa la città di Lanciano e l’Abruzzo, riconoscendone lingua e cultura. Un romanzo che fa il paio con L’arminuta di Donatella Di Pietrantonio e che rappresenta un gradino per portare al centro della scena nazionale la cultura regionale d’Abruzzo.

George Orwell – 1984

Abbiamo passione per i libri, per la lettura soprattutto. Non perché sia consigliato dagli intellettuali e da maestri e da professori fin dalle elementari: semplicemente perché ci aiuta a pensare, a viaggiare con la mente, a rilassarci. La pagina bianca con i caratteri neri è un rifugio sicuro, molto più accogliente di uno schermo luminoso.

Scriviamo poche recensioni perché è un esercizio faticoso sebbene virtuoso. Un blog sui libri e con i libri non è esattamente quello che il “mercato” di internet richiede. Stare ore davanti allo schermo per scrivere una recensione che due utenti della rete leggeranno non è gratificante.

Questo blog non ha l’ambizione e la brama di essere cliccato, vuole essere un porto sicuro per i pochi naufraghi del web che vi approderanno. Fin quasi dall’apertura di questo spazio abbiamo proposto il tag “quarta di copertina” riportando quello che gli editori o i curatori scrivono del libro per presentarlo.

Con piacere oggi presentiamo la Quarta di copertina di 1984 di Orwell (Edizione Oscar Mondadori Classici Moderni del Settembre 1989), un libro spesso citato, anche da chi non l’ha letto. Ci sembrava parlasse dei nostri giorni. A voi il giudizio. Buona lettura. E se proprio dobbiamo stare a casa magari facciamolo con uno o più libri sulla scrivania.

Taccuini – Letteraturadiviaggio

 

(Dalla quarta di copertina)

1984, Londra. Il mondo diviso in due iperstati simili e in guerra fra loro. In Oceania la società governata secondo i principi del Socing, il Socialismo Inglese, dal Grande Fratello, che tutto vede e tutto sa. I suoi occhi sono
le telecamere che spiano di continuo nelle case, il suo braccio la psicopolizia che interviene al minimo sospetto. Tutto permesso, non c’legge scritta. Tranne pensare, se non secondo il Socing. Tranne amare, se non per riprodursi.
Tranne divertirsi, se non con i programmi TV di propaganda. Dal loro rifugio, in uno scenario desolante da Medioevo postnucleare, L’ultimo uomo in Europa (questo il titolo che avrebbe preferito l’autore) e la sua compagna lottano
disperatamente per conservare un granello di umanità. Oggi che il day after già arrivato, che il 1984 già passato, si può leggere, o rileggere, il romanzo per scoprire che cosa Orwell ha indovinato di questi nostri anni.
L’annullamento delle differenze ideologiche fra le superpotenze, la tecnologia come mezzo di controllo sociale, la persecuzione degli oppositori politici nei focolai dittatoriali dell’America Latina, la strumentalizzazione dei mass-media o che altro? Più che saggio, forse, raccogliere il suo grido d’allarme contro l’indifferenza che tollera forze annichilenti – qualunque siano, in qualunque tempo- la libertà e la dignità individuale, lasciandoci trasportare dalla sua grandiosa fantasia apocalittica di profeta visionario.

Daniele Vecchi – Playground in USA

Un viaggio sui campi di strada degli Stati Uniti

Dopo “HEROES- Eroi dei playground persi per strada“, non poteva non esserci il seguito, e “Playground in USA” è la naturale conseguenza a quell’insieme di avventure vissute nei campi di strada della Big Apple. Sempre tratte dalla rubrica di American Superbasket “Playground Stories” e arricchito con foto originali prese in esclusiva dall’Autore, le storie narrate in “PLAYGROUND IN USA” viaggiano attraverso tutti i più famosi e malfamati playground degli Stati Uniti, dalla East Coast alla West Coast, raccontano di personaggi, ballers, homeless, freestylers, risse e gangs, uno spaccato sociale a livello quasi antropologico della cultura di strada americana, tutto vissuto in prima persona da Daniele Vecchi, giornalista e musicista giunto alla sua nona fatica editoriale.

(Tratto da https://www.libreriadellosport.it/libri/playground_in_usa.php?gclid=EAIaIQobChMI2oHeovGS6AIVRuh3Ch3pIA9eEAQYASABEgLTNPD_BwE)

Colombo Bruzzo Mignacco Suarez – Mister No. C’era una volta a New York

 

Dalla quarta di copertina

Personaggio intrigante e complesso, forse il più moderno tra quelli nati dalla penna di Guido Nolitta / Sergio Bonelli, Mister No, prima del suo “esilio” amazzonico, ha avuto una vita complicata e drammatica, che spesso fa capolino negli albi a lui dedicati. Questo volume illustra proprio un pezzo di quel passato, raccontando l’adolescenza di Jerry Drake nella Manhattan del 1936, piccolo scavezzacollo pericolosamente affascinato dal mondo della malavita. Un’avventura dal taglio cinematografico che ci restituisce in pieno le atmosfere violente e malinconiche della New York della Grande Depressione.

Elena Ferrante – L’amica geniale

Dalla quarta di copertina.

L’amica geniale di Elena Ferrante comincia seguendo le due protagoniste bambine, e poi adolescenti, tra le quinte di un rione miserabile della periferia napoletana, tra una folla di personaggi minori accompagnati lungo il loro percorso con attenta assiduità. L’autrice scava intanto nella natura complessa dell’amicizia tra due bambine, tra due ragazzine, tra due donne, seguendo passo passo la loro crescita individuale, il modo di influenzarsi reciprocamente, i buoni e i cattivi sentimenti che nutrono nei decenni un rapporto vero, robusto. Narra poi gli effetti dei cambiamenti che investono il rione, Napoli, l’Italia, in più di un cinquantennio, trasformando le amiche e il loro legame. E tutto ciò precipita nella pagina con l’andamento delle grandi narrazioni popolari, dense e insieme veloci, profonde e lievi, rovesciando di continuo situazioni, svelando fondi segreti dei personaggi, sommando evento a evento senza tregua, ma con la profondità e la potenza di voce a cui l’autrice ci ha abituati…

Bernard Malamud – Il commesso

Dalla quarta di copertina.

Pubblicato negli Stati Uniti nel 1957, “Il commesso” è considerato da molti il capolavoro di Bernard Malamud. La storia è quella di Morris Bober, umile commerciante ebreo che nel cuore di Manhattan conduce una vita misera e consumata dagli anni, e di Frank Alpine, un ladruncolo di origini italiane, deciso a riscattarsi e diventare un uomo onesto e degno di stima, aiutando Morris al negozio. Tuttavia il giovane Frank non resisterebbe dietro al bancone, sempre più assediato dalla concorrenza, se non si innamorasse di Helen, la figlia di Morris. La vicenda è intrecciata intorno alle emozioni, ai segreti, al destino di queste tre esistenze. Il ritmo quasi ipnotico della narrazione, la capacità di attenzione al dettaglio, lo stile limpido e ironico regalano al romanzo quell’atmosfera inconfondibile, a metà fra il tragico e il comico, che rende affascinante la narrativa di Malamud.

Peter Handke – L’ora del vero sentire

(Quarta di copertina)

Gregor Keuschnig, addetto stampa all’ambasciata austriaca di Parigi, è un borghese mitteleuropeo trapiantato sulla Senna. Ha una moglie e una bambina di quattro anni. Con loro vive in un buio appartamento del sedicesimo arrondissement. Commette piccoli adulteri, non ha idee chiare né in religione né in politica. Il suo è un lavoro rispettabile ma grigio: deve infatti rilevare l’immagine dell’Austria così come viene rappresentata sui mass media francesi. Ma una notte fa un sogno in cui crimine e depravazione sessuale sono oscuramente mescolati, e dal risveglio in poi non è più l’uomo di prima. Ormai sa che il vero sogno è la vita, la realtà quotidiana. Con tutti i sensi desti fino all’allucinazione, preso da una vorace curiosità metafisica, Gregor capta ogni minimo fatto, ogni incontro, ogni gesto nel quale gli capita di imbattersi come fosse un vertiginoso messaggio dell’assoluto.

Marguerite Yourcenar – Memorie di Adriano

Dalla quarta di copertina.

Giudicando la propria vita di uomo e l’opera politica, Adriano non ignora che Roma finirà un giorno per tramontare; e tuttavia il suo senso dell’umano, eredità che gli proviene dai Greci, lo sprona a pensare e servire sino alla fine. “Mi sentivo responsabile della bellezza del mondo” afferma, personaggio che porta su di sé i problemi degli uomini di ogni tempo, alla ricerca di un accordo tra la felicità e il metodo, fra l’intelligenza e la volontà. I “Taccuini di appunti” dell’autrice (annotazioni di studio, lampi di autobiografia, ricordi, vicissitudini della scrittura) perfezionano la conoscenza di un’opera che fu pensata, composta, smarrita, corretta per quasi un trentennio.

 

Guillaume Musso – Sette anni senza di te. Breve recensione

Libri da leggere e libri da non leggere. Guillame Musso, uno degli autori più venduti in Francia, con “Sette anni senza di te” scrive un libro in cui accade di tutto. Se vi piacciono i film d’azione, tipo “Mission Impossible” questo libro fa per voi, altrimenti passate oltre.
Manhattan, Parigi, Rio de Janeiro, la favela Rocinha, l’Amazzonia…in ogni capitolo accade qualcosa di incredibile, di irreale, situazioni che nella vita reale non sarebbero possibili prendono forma nel libro di Musso. Un liutaio di fama mondiale, divorziato da una modella fallita, due gemelli capricciosi che mettono a punto un piano per far stare insieme i genitori. Risse, omicidi, viaggi, salti su ponti da navi sulla Senna…
Il pregio del libro sta nella scrittura agile e snella, almeno nella traduzione italiana, ma i contenuti sono di dubbio valore.

John Niven – Uccidi i tuoi amici

Dalla quarta di copertina

Londra, 1997. Il New Labour è al potere, il Brit-pop è al suo apice e l’industria discografica non è mai stata così bene. Forse. Steven Stelfox è un discografico di successo, alla costante ricerca della prossima hit. E non si ferma mai, grazie a una dieta fatta di cinismo, sesso e quantità smodate di cocaina. Del resto, stordirsi è l’unico modo per resistere in un ambiente pieno di colleghi incompetenti e spietati, per i quali la musica è l’ultimo degli interessi. Un posto dove i sogni degli altri bruciano nelle fiamme dell’inferno. Ma via via che i successi si fanno più rari, e la scena musicale inizia a sentire i venti della crisi che la cambierà per sempre, Stelfox capisce che è tempo di prendere sul serio – anzi, alla lettera – il motto alla base del mondo degli affari: “mors tua vita mea”.

Pino Cacucci – Demasiado Corazon

Dalla quarta di copertina

Bart, un gringo con la faccia da latino, varca la frontiera a Tijuana, scendendo in Messico per l’ennesimo incarico che svolgerà con la consueta indifferenza: uccidere un uomo che potrebbe minacciare gli interessi di una multinazionale farmaceutica. Ma a Tijuana arriva anche un battagliero videogiornalista italiano. Leandro, e le loro strade fatalmente si incontrano. Da una parte il cinismo dell’esecutore professionista, dall’altra la passione ferita ma non piegata dell’utopista: eppure scatta qualcosa di simile a un rapporto, a una complicità sotterranea contro le dinamiche di un potere occulto e assassino. Entrambi rischiano di compiere l’ultima missione della loro vita, e chi sopravvivrà non sarà comunque un vincitore… Tra i due personaggi, però, il vero protagonista del romanzo rimane il Messico, paese dal “troppo cuore”, terra orgogliosa e fiera, oltraggiata e saccheggiata per secoli, che malgrado tutto rifiuta di arrendersi al dominio del nuovo colonialismo.

Bruce Chatwin – In Patagonia

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Dalla presentazione in seconda e terza di copertina

“Patagonia dicevano Coleridge e Melville, per significare qualcosa di estremo. “”Non c’è più che la Patagonia, la Patagonia, che si addica alla mia immensa tristezza”” candava Cendras agli inizi di questo secolo. Dopo l’ultima guerra, alcuni di ragazzi inglesi, fra cui l’autore di questo libro, chini sulle carte geografiche, cercavano l’unico luogo giusto per sfuggire alla prossima distruzione nucleare. Scelsero la Patagonia. E proprio in Patagonia si sarebbe spinto Bruce Chatwin, non già per salvarsi da una catastrofe, ma sulle tracce di un mostro preistorico e di un parente navigatore. Li trovò entrambi – e insieme scoprì ancora una volta l’incanto del viaggiare, quell’incanto che è così facile disperdere, da quando ogni luogo del mondo è innanzitutto il pretesto per un ‘inclusive tour’. Eppure, eccolo di nuovo: l’inesauribile richiamo, il vagabondo trasalire di un’ombra – il viaggiatore – fra scene sempre mutevoli. E nulla si rivelerà così mutevole come la Patagonia, che si presenta come un deserto: “”nessun suono tranne quello del vento, che sibilava fra i cespugli spinosi e l’erba morta, nessun altro segno di vita all’infuori di un falco e di uno scarafaggio immobile su una pietra bianca””. All’interno di questa natura, che ha l’astrattezza e l’irrealtà di ciò che è troppo reale, da sempre disabituata all’uomo, Chatwin incontrerà un arcipelago di vite e di casi molto più sorprendente di quel che ogni esotismo permetta di pensare. Questa terra eccentrica per eccellenza è un perfetto ricettacolo per l’allucinazione, la solitudine e l’esilio. “

Jean Claude Izzo – Vivere stanca

Dalla quarta di copertina

“Theo non c’era più, accanto a lei. Ma nel letto il suo posto era ancora caldo”. Così svaniscono i marinai e, assieme a loro, i sogni d’amore. Ancora una volta la speranza si ferma in fondo alla banchina del porto. Una volta di troppo per Marion… Vivere stanca. Gianni già lo sa. Ex militante della lotta armata in Italia, rifugiato a Marsiglia, viene un giorno aggredito da due skinhead con un cane lupo. Non può reagire, ormai ha una famiglia, ha ripudiato il terrorismo. Deve subire l’umiliazione, la violenza… E vita questa? Lo stesso vale per Osman, vittima del razzismo quotidiano. Per Gerard, portuale rimasto senza lavoro che vede le sue illusioni affondare nelle acque nere del porto. E per Aurore e per Giovanni, eroi loro malgrado di questi fatti di cronaca che sanno di tragedia. In questi brevi racconti Jean-Claude Izzo ha condensato il suo mondo: Marsiglia con il porto, la città rifugio degli esiliati, la crudeltà della vita, l’incapacità degli uomini di amare e di capire, la violenza e il razzismo. Il testamento amaro e straziante di un grande scrittore.

Bowie 1947 – 2016 La biografia

Il 10 gennaio 2016 Ziggy Stardust è tornato nello spazio da cui era venuto. Ha però lasciato un segno indelebile sul nostro pianeta, diventando una delle leggende del rock più amate di sempre. Nel corso di cinque decenni, David Bowie si è trasformato, incarnando ogni volta un personaggio diverso per dare libero sfogo alla sua esplosiva creatività, alla sua voglia di esibirsi, al suo amore per la musica; qualità che lo hanno reso uno dei personaggi più innovativi di sempre. E ora l’artista trasgressivo e ribelle, l’icona fashion dallo stile caleidoscopico che ha influenzato intere generazioni, se n’è andato sulla scia delle profetiche parole contenute in Blackstar. In questa biografia, aggiornata fino ai suoi ultimi giorni e completata da foto evocative, Wendy Leigh ha raccolto testimonianze esclusive di amici e persone vicine a Bowie, per farne un ritratto non solo musicale ma intimo, privato. Partendo dal quartiere popolare di Londra in cui è nato, l’autrice ripercorre l’infanzia di David, l’influenza della famiglia e l’ossessione di soccombere alla stessa malattia del fratello; racconta i problemi dovuti agli eccessi di droghe; parla della profonda amicizia con Lou Reed e John Lennon e del rapporto controverso con Mick Jagger; svela i segreti della sua insaziabile vita sessuale e il suo amore per le donne, tra cui Tina Turner, Elizabeth Taylor, Susan Sarandon, Amanda Lear e infine Iman. Tra confessioni, aneddoti e rivelazioni, emerge la verità sull’enigma David Bowie.

Gianni Rodari – Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie. 40 anni

 

(Dalla seconda di copertina)

Grazie a Gianni Rodari la letteratura per l’infanzia è stata sottratta al limbo di una produzione minore e restituita, nella sua affascinante complessità, alla storia della letteratura e a quella della pedagogia; il percorso dello scrittore di Omegna non si configura, però, come accomodante itinerario nei luoghi letterari dell’ironia, del paradosso e ancor meno si caratterizza come sentiero tutto interno all’attivismo pedagogico italiano, ma assume via via i segni della contemporaneità, dell’inquietudine, della tensione morale, della coraggiosa protesta civile. L’umorismo dell’assurdo, il gioco della dissacrazione dei luoghi comuni, gli stravolgimenti del linguaggio altro non sono che l’invito reiterato a liberarci dagli schemi, dai pregiudizi, dal conformismo per guardare più lontano; in un momento storico in cui i punti di riferimento morali e civili sembrano smarriti i libri di Rodari ci indicano, anche al di là della felice invenzione e del piacere della lettura, le strade della tolleranza, le vie dell’amicizia sulle quali converrà incamminarci se vogliamo ancora scommettere sul futuro delle nuove generazioni. Edizione speciale per i 40 anni arricchita da contributi inediti.

Yutaka Yazawa – Nippon. Vivere e scoprire il Giappone

Nel Giappone attuale le antiche tradizioni, come praticare l’arte del “bagno di foresta” – shinrin-yoku – o contemplare l’imperfezione attraverso l’estetica del wabi-sabi, convivono accanto a usanze ultramoderne e all’utilizzo delle tecnologie più avanzate. Yutaka Yazawa delinea il ritratto di un paese affascinante e ricco di contraddizioni, facendoci scoprire il meglio dell’arte, della cucina, della filosofia e dello stile di vita giapponesi. Da un lato Tokyo, la madre di tutte le megalopoli, un faro e un esempio di armoniosa convivenza nell’era dell’urbanizzazione, dall’altro un territorio montagnoso ricoperto per due terzi da foreste, a sottolineare come il rispetto e la celebrazione della natura siano ancora centrali nella cultura nipponica. Dai film di Miyazaki alla vita agreste, dalla cerimonia del tè allo shintoismo, andiamo alla ricerca del nostro equilibrio zen, scopriamo la gioia dell’ikigai e soffermiamoci a comprendere ciò che rende unico il paese del Sol Levante.

Andrea Delogu Andrea Cedrola – La collina

 

Dalla quarta di copertina

Su quella collina non c’era nulla, solo una vigna non curata e un casolare abbandonato. Su quel pezzo di terra incolta Riccardo Mannoni ha costruito un mondo di salvezza e speranza. Rispettando le sue regole in Collina scoprirai la libertà del vivere in comune, una libertà diversa da quegli eccessi che diventano prigione. E questo che Riccardo promette a chiunque varchi quel cancello, la Collina può strapparti all’eroina e restituirti alla vita. Di quel regno Ivan è il figlio prediletto. Ha saputo guadagnarsi la fiducia di Riccardo, diventando il suo autista, la persona a cui affidare i compiti più delicati. In Collina Ivan ha conosciuto Barbara, inquieta e ribelle. Si sono innamorati e si sono sposati, dopo aver ottenuto il permesso di Riccardo. Perché è lui a decidere chi puoi amare e chi devi odiare. Valentina è nata e cresciuta in comunità, un giardino incantato immerso nel verde dove tutti hanno da dormire e da mangiare. Tutti lavorano e sono uguali, il denaro non esiste. Ma non tutti sanno, e molti fanno finta di non sapere, che da quel paradiso è impossibile scappare. Ci sono “gli angeli” per questo, chi ci prova viene ripreso e riportato indietro con qualunque mezzo, sempre. E la salvezza passa talvolta per l’umiliazione, le botte, le catene e le celle d’isolamento. Una cura che ha il sapore di una condanna. Con una nuova introduzione di Andrea Delogu.

Ruy Castro – Rio de Janeiro. Cronaca di una città troppo eccitante

Quella strana eccitazione nell’aria, i ritmi della bossa nova e del samba, il carnevale che fa sentire la sua presenza piena di energia, un paesaggio incantevole che ha sedotto innumerevoli viaggiatori nel corso dei secoli, la ragazza di Ipanema… Questo e molto altro è Rio de Janeiro, di cui Ruy Castro traccia un ritratto vibrante, ripercorrendo il passato coloniale della città per poi tornare al suo presente. Con ironia e intensa passione l’autore mette in risalto aspetti positivi e negativi di Rio: uno sviluppo urbano selvaggio, la criminalità, la corruzione delle autorità pubbliche, ma anche la riuscita sintesi tra le molteplici culture che qui si sono via via incrociate e mescolate tra loro. Attraverso la voce dell’autore, che a poco a poco ci svela i segreti di una delle città più affascinanti al mondo, la gente di Rio ci racconta la propria storia; e ci dimostra che molto più della semplice appartenenza geografica, il termine ‘carioca’ indica un modo di essere, caratterizzato soprattutto dalla straordinaria capacità di godersi la vita. Passando da una travolgente vita di spiaggia alle favelas, dal carnevale al calcio e alla musica, il lettore si immerge in una città ricca di contraddizioni, e perciò tanto più seducente.

Salvador, Bahia de todos os Santos e lo stato di Bahia (parte 1)

Raccontare un viaggio a Salvador da Bahia non è semplice: è difficile riportare sullo schermo di un computer le emozioni, i colori, i profumi e i sapori di una città magica.

Salvador
Salvador: vista della città bassa dal quartiere Carmo-Santo Antonio

Salvador è stata la prima capitale del Brasile come ricordano orgogliosi i cartelli ufficiali della città.

Dall’aeroporto di Salvador prendete uno dei taxi in fila o prenotatene uno all’interno per raggiungere il centro della città (una corsa prenotata all’interno costa circa 110RS, i taxi sul marciapiedi vi faranno risparmiare qualche Reais).

Per chi proviene dall’Europa e ha dei contanti può rivolgersi ad uno degli uffici cambia-valuta all’uscita dagli arrivi internazionali. In aeroporto ci sono anche diversi sportelli bancomat.

Già la prima corsa in taxi vi riserverà emozione e sorpresa: la vegetazione che circonda lo scalo vi accoglierà e vi guiderà fino in città. Provenendo dall’Europa raggiungerete la città di notte e vi godrete la suggestiva vista della baia illuminata.

La cartolina più spedita dalla città è il Pelourinho: migliaia di foto lo ritraggono nel suo splendore, nei suoi colori e nella vitalità degli abitanti mentre suonano le percussioni, bevono una birra o vendono qualche mercanzia.

Il Pelourinho visto dalla Casa Fondazione Jorge Amado
Il Pelourinho visto dalla Casa Fondazione Jorge Amado

Una domanda che molti viaggiatori si pongono riguarda la pericolosità di un luogo che gode di pessima reputazione. Riportiamo la nostra esperienza: siamo stati a Salvador durante l’alta stagione, tra Natale e Carnevale, e non abbiamo mai avuto problemi di nessun tipo e mai abbiamo avuto la sensazione di essere in pericolo.

Vista dai piedi del Pelourinho
Vista dai piedi del Pelourinho

Di giorno è possibile girare tranquillamente a piedi le vie del centro facendo fotografie e godendosi l’atmosfera. La presenza della Policia Militar è ben visibile. Di notte, a Gennaio il tramonto è alle 18, bisogna avere gli occhi aperti ed evitare le strade buie e isolate (un consiglio valido anche a Milano e a Palermo…). Durante le feste (ogni martedì c’è una festa di strada al Pelourinho) bisogna fare attenzione alle potenziali risse che scoppiano tra gli stessi brasiliani e al fuggi-fuggi che ne viene fuori e che potrebbe essere pericoloso per il turista. Ribadiamo che con un minimo di buon senso è possibile girare il Pelourinho, e i quartieri adiacenti come il Carmo, fino a notte inoltrata (gli orari della vita notturna sono diversi dall’Italia: dalle 18, ora di cena, alle 22 si esaurisce tutta la carica. Molti locali chiudono intorno alle 22, in genere alle 23 non c’è nessuno in giro. La mattina il sole sorge alle 5 circa e il caldo si fa sentire fin dalle 6…)

La base per le vostre spedizioni in città potrebbe essere il quartiere Carmo-Santo Antonio, cinque minuti a piedi (in salita!) dal Largo do Pelourinho. Quartiere centrale, tranquillo, con molte pousadas in stile coloniale e con negozi e abitazioni di Bahianos: autentico, con prezzi ragionevoli e con locali e ristoranti frequentati da Brasiliani. Da molte pousadas ubicate nel quartiere Carmo troverete delle terrazze panoramiche con vista sul porto e sulla chiesa del Nosso Senhor Do Bonfim: uno spettacolo che quasi da solo vale il viaggio a Salvador! Informatevi prima di prenotare ed insistete per una camera con vista, anche a costo di pagare qualche Euro in più.

Il quartiere Carmo
Il quartiere Carmo

Oltre il Pelourinho, che esplorerete in autonomia lungo tutte le sue strade principali e secondarie, c’è il Terreiro do Jesus, una piazza dove si incontrano banchetti per cenare, per bere una birra o una caipirinha, migliaia di ambulanti che vendono di tutto (dal cibo ai souvenir). A volte di sera si tengono dei concerti a cui partecipano molte persone, non perdete quest’occasione per rilassarvi ad uno dei tavolini all’aperto e godervi la vista delle quattro chiese e le note della bossa-nova.

Terreiro do Jesus
Terreiro do Jesus

In centro troverete molti negozi di artigianato locale, scuole di capoeira (una danza ritmata di origine Angolana ballata dagli schiavi. In origine era una lotta e fu mascherata in danza per tenerla nascosta ai negrieri), cachacerias, caffè, lanchonetes (snack bar). Seguite il vostro istinto per scegliere il posto che più vi garba. Ribadiamo: il quartiere è uno dei posti più visitati al mondo ma mantiene intatta la sua anima originale.

 

Oltre il Terreiro Do Jesus arriverete a Praca da Sè, elegante piazza a forma di L piena di bancarelle e ambulanti. Praca da Sè è il luogo in cui si possono incontrare le scuole di Capoeira che fanno esibizioni per i turisti, quindi probabilmente vi chiederanno qualche Reais. Subito dopo si incontra Praca Tomè de Souza dove è possibile visitare il Municipio della città e prendere il famoso Elevador Lacerda (ascensore) per scendere nella Cidade Baixa, il distretto commerciale, e sede del Mercado Modelo, tempio dell’artigianato e paradiso per turisti a caccia di souvenir.

Fine prima parte (continua…)

Praha – Praga – Prague – Prag

2014-04-21 12.40.24

Prague never lets you go… this dear little mother has sharp claws –Franz Kafka

Il libro di Klaus Wagenbach “Due passi per Praga insieme a Kafka” ci permette di seguire un itinerario sulle tracce dello scrittore praghese. Wagenbach passa in rassegna le abitazioni in cui visse Kafka, le scuole dove studiò e gli edifici in cui lavorò fino a portarci dentro le librerie e i caffè in cui era solito passare il suo tempo libero in cerca di ispirazione.

Capitale della Repubblica Ceca e della Bohemia, Praga è una delle destinazioni preferite dei turisti europei: circa sei milioni di turisti la rendendo una città cosmopolita. Poco sembra esser rimasto del passato comunista, la sensazione che si ha girando per le strade e le piazze è quella di una moderna e funzionale città europea.

I mezzi pubblici di superficie funzionano alla perfezione (anche la domenica ci sono molte corse): si tratta soprattutto di tram, la cui rete capillare raggiunge tutti i punti di potenziale interesse per il viaggiatore. La metropolitana conta tre linee ma vi capiterà di usarla poche volte.

I biglietti costano 24 Corone per una corsa di 75 minuti, 110 Corone per un giornaliero da 24 ore. Se avete intenzione di procurarvi sempre i biglietti giornalieri (non credo sia necessario, in 24 ore anche se viaggiate molto sui mezzi pubblici non spenderete più di 96 Czk) fatelo direttamente all’aeroporto: lì troverete uno sportello che accetta banconote e vi dà il resto. In città è difficile trovare le rivendite, le poche che ci sono spesso non vendono i giornalieri e le macchinette automatiche (allocate anche all’interno delle stazioni metropolitane) accettano solo monete (non è  probabile avere 110 Corone in monete nel portafogli).

Il cibo è ottimo e abbondante: provate a recarvi in uno dei pub tipici e ad ordinare un piatto a base di maiale. In centro gode di pessima reputazione il ristorante The two cats: locale storico, uno dei più antichi della città, ormai preda di turisti. Il servizio è pessimo e il conto spesso gonfiato di un paio di centinaio di Czk: se chiedete spiegazioni avranno comunque sempre ragione loro, quindi o non entrate o accettate di farvi derubare qualche soldo.

La birra, Pivo, è il vero orgoglio cittadino: ottima qualità a prezzi modici.

Visitare Praga è abbastanza semplice: le zone maggiormente turistiche sono Mala Strana (sponda occidentale della Moldova), Stare Mesto (sponda orientale) e Nove Mesto (attiguo al precedente). Potrete vagare liberamente per le strade di questi quartieri, seguendo il fiume di turisti che ha scelto Praga come destinazione delle proprie vacanze. Inutile dilungarsi sulle attrazioni che potrete trovare in questi quartieri: vi sarà sufficiente aprire una qualsiasi guida turistica. Ci si sente subito a casa quando si visita la città vecchia: aria internazionale e servizi di ottimo livello, potrete comprare qui i vostri souvenir ma dopo un paio di mezze giornate si sente la necessità di andare oltre, di provare a scoprire la vera anima della città.

Per vivere la vera Praga,  godere dell’essenza della città dovrete spostarvi in quartieri esterni (ma pur sempre prossimi al centro cittadino).

Potreste scegliere di soggiornare a Vysehrad, quartiere servito da ottimi bar, ristoranti e supermercati a circa quattro fermate di tram dal ponte Carlo. Anche Vinohrady è una destinazione assolutamente consigliata: zona residenziale per abbienti, ricca di bar e osterie capaci di assicurare un buon livello di ristorazione ed intrattenimento.

Anche il quartiere popolare di Zizkov offre locali visitati dai praghesi: il Bukowsky, un American Bar molto frequentato, gode di ottima fama. Se vi piace l’hamburger non potete assolutamente perdervi il Restaurace Morava: condividerete la serata con una clientela fatta di muratori ed operai affamati, e una cameriera indaffarata vi servirà un hamburger enorme che ricorderete per molto tempo.

Infine, se viaggiate con un budget ridotto, segnaliamo che i prezzi per una vacanza a Praga sono piuttosto contenuti: sicuramente il costo della vita è aumentato negli ultimi anni ma contate di risparmiare un 20/30% rispetto a quello che spenderete in un’altra capitale europea.

 

Elena Vigni – Spanglish

Per i 35 milioni di ispanici che vivono negli Stati Uniti lo spagnolo racchiude in sé un legame con il passato così come l’inglese rappresenta una proiezione nel futuro nella società americana. In questa realtà linguistica promiscua nasce lo Spanglish quale connubio di inglese e spagnolo (SPANish-enGLISH), incontro-scontro tra due lingue, che si sta convertendo in varietà linguistica dotata di una propria autonomia. Il libro prende in esame la varietà di Spanglish specifica di Miami, analizzando episodi linguistici tratti da interviste guidate e da conversazioni informali tali da creare un corpus di materiale linguistico autentico.

Roberto Saviano – La paranza dei bambini

Dalla quarta di copertina.

Dieci ragazzini in scooter sfrecciano contromano alla conquista di Napoli. Quindicenni dai soprannomi innocui – Maraja, Pesce Moscio, Dentino, Lollipop, Drone -, scarpe firmate, famiglie normali e il nome delle ragazze tatuato sulla pelle. Adolescenti che non hanno domani e nemmeno ci credono. Non temono il carcere né la morte, perché sanno che l’unica possibilità è giocarsi tutto, subito. Sanno che “i soldi li ha chi se li prende”. E allora, via, sui motorini, per andare a prenderseli, i soldi, ma soprattutto il potere. “La paranza dei bambini” narra la controversa ascesa di una paranza – un gruppo di fuoco legato alla Camorra – e del suo capo, il giovane Nicolas Fiorillo. Appollaiati sui tetti della città, imparano a sparare con pistole semiautomatiche e AK-47 mirando alle parabole e alle antenne, poi scendono per le strade a seminare il terrore in sella ai loro scooter. A poco a poco ottengono il controllo dei quartieri, sottraendoli alle paranze avversarie, stringendo alleanze con vecchi boss in declino. Paranza è nome che viene dal mare, nome di barche che vanno a caccia di pesci da ingannare con la luce. E come nella pesca a strascico la paranza va a pescare persone da ammazzare. Qui si racconta di ragazzini guizzanti di vita come pesci, di adolescenze “ingannate dalla luce”, e di morti che producono morti.

Andrea Camilleri – I racconti di Nené

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Dalla quarta di copertina.

Con le sue storie Andrea Camilleri riesce sempre a creare una magia narrativa. Si sentono gli odori e si percepiscono gli sguardi. Con poche pennellate evoca i personaggi in un modo talmente vivo da renderli realmente presenti. Con pochi tratti ce li fa conoscere nella loro intimit ue con le loro piccole debolezze cos umane. Ma sempre con uno sguardo insieme ironico e affettuoso. Ed per questo che finiamo per amarli: ci sembra di conoscerli, di aver fatto con loro un tratto di strada. I racconti raccolti in questo libro ci restituiscono al meglio l’affabulatore Camilleri. Tra i pi intimi, autobiografici e sentiti del romanziere siciliano, questi racconti fulminanti ci riservano una sorpresa in pi, perch i personaggi evocati si chiamano Leonardo Sciascia e Luigi Pirandello, Eduardo De Filippo e Renato Rascel, Jean Genet e Samuel Beckett, George Patton. Ed cos che Camilleri ci porta per mano dentro storie vere, che appartengono alla sua vita e alla sua memoria, e che finalmente vedono la luce. L’avvento del fascismo e lo sbarco degli Alleati, il separatismo e la mafia, le amicizie e la famiglia, gli incontri con i grandi maestri e, su tutto, lei: l’amata Sicilia.

Luis Sepulveda – La frontiera scomparsa

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(Dalla quarta di copertina)

E’ scomparsa una frontiera in America Latina, la frontiera che portava nei territori della felicità. Una volta era facile varcarla: benché non comparisse su alcuna cartina chiunque sapeva come trovarla. Poi sono giunti tempi terribili, pieni di paura, e la strada si è fatta un labirinto senza uscita. Ma c’è un giovane che non è ancora stanco di cercare quella frontiera scomparsa, e con essa le proprie radici, che affondavano lontano, oltreoceano, nel bianco villaggio andaluso da cui il nonno anarchico è fuggito agli inizi del secolo per difendere il suo amore per la libertà. Il giovane ha uno zaino in spalla, tanta voglia di andare e tutto il tempo del mondo a disposizione. Ha pagato cari i suoi sogni, ha conosciuto il carcere e la tortura (ricordati in un capitolo di straordinaria vivezza) e ora mangia il pane amaro dell’esilio, ma non poteva tradire la promessa fatta da bambino al nonno, in Cile, di visitare il paese di utopia.
E così viaggia per l’America Latina a bordo di sgangherate corriere e di trenini svogliati, passando dal Rio de la Plata agli altopiani della Bolivia, dalle ventose pianure el Chaco al caldo soffocante della selva equatoriale, in un picaresco viaggio che si concluderà soltanto tra le colline coperte di ulivi dell’Andalusia. Lo aspettano grandi avventure: sfuggirà a uno squadrone militare sul confine boliviano e a un matrimonio forzato in Ecuador, sarà al tempo stesso professore universitario e acompagnatore ufficiale di puttane…
Chi ha amato i libri di Sepulveda non potrà sottrarsi al fascino delle tante storie che si intrecciano in questo appassionante viaggio di ritorno alle origini, in questo avventuroso, drammatico, ma anche sorridente e spesso divertito racconto di formazione.

John Niven – Invidia il prossimo tuo

Alan è un celebre critico gastronomico. E felicemente sposato, ha tre figli e una grande casa a pochi minuti dal centro di Londra. Quando all’uscita della metropolitana rivede quello che in gioventù era il suo «migliore amico», sulle prime non crede ai propri occhi. Craig, il Craig che sembrava destinato a diventare una rockstar di fama internazionale, è invece ridotto a chiedere l’elemosina ai passanti. Alan non deve pensarci su più di tanto, giusto il tempo di una birra. Lo aiuterà. Lo ospiterà a casa sua fino a quando Craig non si sarà rimesso in carreggiata. Lo fa perché è generoso? Oh, certo. Perché i vecchi amici vanno aiutati? Sicuro, come no. Ma diciamocelo, sostenere Craig gli dà un piacere sottile e feroce: lui ce l’ha fatta, Craig no. Alan sconterà il bene che sta facendo, non c’è dubbio. Perché non c’è nulla di più odioso del successo degli altri. E nulla ci dà più gioia del vederli crollare.

Charles Willeford – Miami Blues

Dalla quarta di copertina

Dopo una giornataccia passata a lavorare su un quadruplo omicidio, il detective Hoke Moseley, cronicamente depresso, sempre squattrinato e fuori dagli schemi, finalmente si gode il suo meritato riposo in una piccola stanza dell’anonimo El Dorado Hotel di Miami, cullato da un bicchiere di brandy. Quando sente bussare alla porta, distratto e con la guardia abbassata, non esita ad aprire. Il giorno dopo si ritrova all’ospedale, notevolmente ammaccato e con la mandibola serrata. Ripensa ai casi degli ultimi dieci anni e si chiede chi vorrebbe picchiarlo fino a fargli perdere i sensi, rubargli la pistola e il distintivo e, dettaglio ancora più inquietante, scappare con la sua dentiera. I primi indizi, però, non sembrano portare verso una vendetta, qualcosa di imponderabile sembra invece collegare l’episodio a una giovanissima escort, al suo fidanzato e a un bizzarro omicidio di un Hare Krishna.

Gianrico Carofiglio – Né qui né altrove. Una notte a Bari

Dalla quarta di copertina

Rivedersi dopo oltre vent’anni con amici che non hai più cercato. Di giorno basterebbero pochi minuti per un saluto di circostanza, ma di notte è un’altra cosa. Di notte Bari può catturare e trasformarsi in un irreale cinema della memoria. Dove presente e passato, ricordi e invenzione si confondono, e l’età da cui le illusioni fuggono può ancora sfiorare il tempo in cui tutto era possibile.

Fedor Dostoevskij – Il giocatore

 

(Dalla quarta di copertina)

In questo romanzo, scritto in soli 26 giorni, viene mirabilmente narrata la passione incondizionata per il gioco d’azzardo, vissuta dallo stesso Dostoevskij con incontenibile entusiasmo per via dell’inebriante commistione di audacia, voluttà e sofferenza in esso contenuta. La duplice attrazione del protagonista per il gioco e per l’altera ed inquietante Polina, pur in circostanze, ambiente e atmosfere vagamente allucinate, riflette del resto vicende e ambienti reali della vita dell’autore. Ma un altro motivo autobiografico determina un più segreto e vertiginoso intreccio nella storia, dal momento che Dostoevskij si trovò costretto a consegnare del Giocatore in un tempo brevissimo, pena l’acquisizione dei diritti sulle sue opere da parte di un editore-usuraio. Così, da uomo divorato dalla passione per la roulette, scriveva della natura sovranamente superflua del gioco. E mentre s’innamorava di una donna serena, salda, positiva, si trovava emblematicamente a raccontare di un sentimento forsennato, oscillando fra desiderio e schiavitù e pulsione omicida per una figura di donna ambigua, imprevedibile, possessiva.

Traduzione di Alfredo Polledro

John Niven – A volte ritorno

 

Dalla quarta di copertina

Dopo una vacanza di qualche secolo Dio è tornato in ufficio, in Paradiso, e per prima cosa chiede al suo staff un brief sugli ultimi avvenimenti. I suoi gli fanno un quadro talmente catastrofico – preti che molestano i bambini, enormità di cibo sprecato e popolazioni che muoiono di fame… – che Dio si vede costretto a rimandare giù il figlio per dare una sistemata. JC (Jesus Christ) gli dice: “Sei sicuro sia una buona idea? Non ti ricordi cosa è successo l’altra volta?” Ma Dio è irremovibile. Così JC piomba a NY, dove vive con alcuni drop-out e ha modo di rendersi conto in prima persona dell’assurdità del mondo degli uomini. E cerca, come può, di dare una mano. Il ragazzo non sa fare niente, eccetto suonare la chitarra. E riesce a finire in un programma di talenti alla tv. Un gran bel modo per fare arrivare il suo messaggio a un sacco di gente. Ma, come già in passato, anche oggi chi sta dalla parte dei marginali non è propriamente ben visto dalle autorità.

Alessandro Gisotti – 11 Settembre. Una storia che continua

Cosa fanno oggi gli eroi dell’11 settembre? Come è cambiata la vita dei sopravvissuti e dei familiari delle vittime? A dieci anni dagli attentati che hanno cambiato la storia, questo libro propone una serie di toccanti testimonianze, raccolte a New York e Washington. Storie di dolore, coraggio e speranza che mostrano come il terrorismo abbia fallito, perché la voglia di vivere è più forte della paura di morire.

Massimo Fini – Ragazzo. Storia di una vecchiaia

Dalla quarta di copertina.

Una spietata analisi, senza infingimenti, senza autoillusioni, senza autoinganni sulla vecchiaia, al di là delle ipocrisie e della retorica con cui oggi cerchiamo di abbellire ed edulcorare quella che chiamiamo eufemisticamente “la terza età” rendendola così, se possibile, ancor più crudele e beffarda. E, insieme, in un gioco di rimbalzi e di controspecchi, un appassionato inno alla giovinezza, “quella irripetibile età in cui ci chiamavano ragazzi”. Animato da ricordi ed esperienze personali, nelle quali il lettore non farà fatica a riconoscersi perché Fini riesce a dare ai fatti che rievoca, ora con tenerezza, ora con ironia, ora con sarcasmo, a volte con lucida ferocia, significati e valenze universali. Il volume è anche una sorta di singolare autobiografia giocata solo sul filo del rapporto giovinezza/vecchiaia, sul cui sfondo domina, enigmatico e incontrastabile, il vero protagonista del libro: il Tempo.

John Niven – Maschio Bianco Etero

Kennedy Marr è un donnaiolo, un egocentrico, un narciso. Un uomo baciato dal successo, uno di quei bastardi a cui la vita ha servito le carte migliori. E ha scoperto che Hollywood è un posto formidabile per praticare gli eccessi. Nulla al mondo lo convincerebbe a lasciare la California per tornare nello sprofondo inglese. Ma non ha fatto i conti con l’Agenzia delle entrate. Così, quando inopinatamente viene insignito di un prestigioso – e ricco – premio letterario è costretto ad accettare. Anche se ciò significa passare un anno in un college inglese a insegnare scrittura creativa a dei pivelli senza talento. E soprattutto ritrovarsi faccia a faccia coi fantasmi del passato.

Jean Claude Izzo – Marinai perduti

(Dalla quarta di copertina)

“Marinai perduti” è – tra quelli di Jean-Claude Izzo – il romanzo del Mediterraneo. Innanzitutto per i personaggi: il libanese Abdul Aziz, comandante di una nave condannata al disarmo; il greco Diamantis, suo secondo a bordo e poeta; il turco Nedim; le donne, Céphée, Melina, Aysel, Amina, Mariette, Gaby, Lalla, amate, perse e cercate nei porti del nostro mare. Poi c’è Marsiglia, città di esuli, di meticci, dove ogni incontro è possibile. C’è la luce del Mediterraneo, la sua storia, le leggende, i miti, la tragedia. È il mare che intreccia i destini di questi personaggi. Solo i greci – pensa Diamantis – avevano tante parole per definirlo: “Hals, il sale, il mare in quanto materia. Pelagos, la distesa d’acqua, il mare come visione, spettacolo. Pontos, il mare spazio e via di comunicazione. Thalassa, il mare in quanto evento. Kolpos, lo spazio marittimo che abbraccia la riva, il golfo o la baia…”.