Giuseppe Pastore – La squadra che sogna

Giuseppe Pastore racconta con precisione, e con una punta di sano distacco, l’entusiasmante percorso della Nazionale italiana di pallavolo che tra il 1989 e 1996 ha conquistato trofei e fatto innamorare gli sportivi di tutto il mondo. L’allenatore, anche se definirlo così è riduttivo, era Julio Velasco: il vate, il guru, il maestro, il santone (lui odierebbe questi titoli) argentino che ha trasformato un gruppo di giovani talentuosi in una macchina perfetta capace di vincere mondiali, europei e World League a ripetizione.

I capitoli del libro sono divisi in anni solari e ripercorrono allenamenti, partite, set e punti della nazionale, arricchiti con dei paragrafi monografici dedicati ai singoli giocatori e alle loro storie personali e sportivi. Fantastico il paragrafo che riporta l’intervento integrale di Velasco all’Università di Bologna, un sunto perfetto del pensiero di Coach “Giulio”.

Il ricordo personale di quella squadra è indelebile per chi in quegli anni si avvicinava alla pallavolo, uno sport che divenne il secondo per popolarità nel nostro Paese. Tanti campioni che entrarono nelle nostre case diventando personaggi amati e seguiti: Andrea Lucchetta, il primo capitano e forse il più carismatico elemento del gruppo. 

Ricordo personale dei pallavolisti della squadra sognante

Lucchetta: non era possibile non amare il Capitano della nazionale azzurra. Capelli a spazzola scalati, sorriso magnetico, dialettica mai banale, ancora oggi personaggio televisivo e radiofonico. In campo il suo carisma si faceva sentire ad ogni palla che cadeva a terra, in ogni punto a favore o contro. Andrea Lucchetta è stato l’uomo più rappresentativo di quella squadra e le esclusioni di Velasco dopo Barcellona 1992 furono una pugnalata per molti tifosi; tifosi che poi arrivarono ad accettare ed ad amare il nuovo capitano Gardini e i nuovi centrali che regalarono altre vittorie agli azzurri.

Zorzi: il supereroe della squadra. Andrea Zorzi per i ragazzini dell’epoca era il pallavolista “più forte del mondo”, e molti rimanemmo stupiti quando il titolo di giocatore del secolo venne assegnato a Bernardi e a Kiraly (senza nulla togliere a livello tecnico e di mentalità a questi due fenomeni). Altissimo, potente e tecnico, Zorosan ha fatto sognare un’intera di generazione che si avvicinava ai parquet. Insieme al capitano Lucchetta, Zorzi è stato anche il simbolo della Mediolanum dei campioni che vinse il mondiale per club.

Gardini: l’altro centrale, dopo Lucchetta da cui erediterà la banda di capitano, la certezza, la roccia, la sicurezza. Diverso per stile dal capitano, si ricordano i suoi primi tempi letali. Fenomeno.

Bernardi: mister Secolo, il miglior giocatore del secolo assieme a Kiraly, non è mai stato un mostro di simpatia, soprattutto per gli avversari. Uno di quei volti che vorresti sempre al tuo fianco in una battaglia. Freddo come un killer, sportivamente cattivissimo. 

Giani: il ritratto che ne fa Giuseppe Pastore è semplicemente perfetto. Leggetelo.

Cantagalli: all’epoca i giornali ne parlavano bene, ma in campo commetteva diversi errori che facevano irritare i tifosi. Rimane un martello potente e affidabile.

Tofoli: il regista, compagno di squadra di Bernardi, freddo e sicuro nelle sue giocate. Sembrava alto un metro e mezzo, a distanza di anni scopro che misurava quasi centonovanta centimetri.

De Giorgi: l’attuale CT giocava poco ma non pochissimo, oggi pare un saggio, ma in quegli anni sembrava un comico. Ogni intervista, commento, movimento lo rendevano un personaggio da cabaret. Non stiamo parlando di una macchietta sia chiaro, anzi di un palleggiatore talentuoso e amato dal pubblico.

La generazione di fenomeni era molto più ampia, ma noi ci fermiamo qui. Leggete il libro del buon Pastore