Noam Chomsky – 11 Settembre dieci anni dopo

Per provare a comprendere la complessità del mondo, delle relazioni internazionali e degli interessi geopolitici ed economici degli Stati, senza scadere nella semplificazione bipolare a buon mercato proposta dai mezzi di informazione di massa. Una narrazione volta a suscitare l’emotività dello spettatore, alla tragedia umanitaria, alle storie delle miserie create dalla barbarie di una guerra atroce come tutti i conflitti armati in giro per il mondo e per i secoli. Eppur ci chiediamo: nella storia recente i bombardamenti occidentali venivano narrati con lo stesso metodo emozionale? O si preferiva esaltare le gesta delle truppe che spazzavano via i nemici e conquistavano città, evitando accuratamente di citare i “danni collaterali” di civili uccisi, mutilati, sfollati?

Il libro è frutto delle interviste rilasciate da Chomsky pochi giorni dopo l’11 Settembre e tuttavia rimangono un riferimento epistemologico fondamentale per analizzare anche il presente e i tragici fatti che avvengono in Ucraina; una prospettiva, quella di Chomsky, che esula dall’essere sostenitori acritici di una fazione (così come è presentato ovunque su giornali, televisioni, carta stampata) e nemici giurati degli aggressori. E viceversa. All’indomani dell’11 Settembre i mass-media italiani ed europei (senza considerare quelli americani) erano a favore degli aggressori, perchè c’era una giusta causa apparente: il terrorismo. Oggi si vedono bandiere dell’Ucraina nelle scuole, nei supermercati, nei programmi per bambini in tv, sui cartelloni pubblicitari lungo le strade: non può esistere una forma di pensiero critico, di riflessione, la manipolazione passa attraverso il messaggio netto e chiarissimo sulla parte per cui dobbiamo necessariamente “tifare”, come se stessimo assistendo ad un film di Hollywood con indiani e cowboy. E senza contare le “sanzioni”, non quelle economiche, di livello psicologico che vengono comminate ad artisti e sportivi russi, puniti solo per la loro cittadinanza (vi ricorda qualcosa?).

Chomsky parla delle invasioni degli Stati Uniti post 11 Settembre, riflettendo sui disastri umanitari prodotti in Afghanistan e Iraq in nome della lotta al terrorismo.

“Un attacco all’Afghanistan ucciderà probabilmente un gran numero di civili innocenti, forse un numero enorme, in un paese in cui milioni di persone stanno già per morire di fame. L’uccisione gratuita di civili innocenti è terrorismo, non guerra al terrorismo”.

Quando a “Madeleine Albright alla TV nazionale, le fecero una domanda sulle stime di mezzo milione di bambini iracheni morti a causa delle sanzioni. La Albright riconobbe che tali conseguenze erano una “dura scelta” per la sua amministrazione ma, disse, “pensiamo che ne valga la pena”.

Non siamo tifosi di nessun schieramento, tantomeno coltiviamo sentimenti antiamericani, un Paese di cui amiamo la letteratura, le città, le persone provenienti da tutto il mondo che la popolano e l’hanno forgiata nel corso dei secoli. Siamo tifosi del libero pensiero, dell’onestà intellettuale, quell’onestà intellettuale che non riesce ad accettare l’orwelliano concetto che si raggiungerà la pace inviando armi in una zona di guerra.

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