Mario Desiati – Spatriati

La pagina di Desiati è pulita, linda, candida, perfetta nello stile e nel confezionamento. Ma non (mi) emoziona. Un romanzo di (bi)formazione che parte da Martina Franca e arriva a Berlino, passando per Londra e Milano.

I due protagonisti, Francesco e Claudia, vivono la loro epopea di precari, sentimenti precari, ai margini del fluire liquido dei cicli vitali della provincia italiana e delle metropoli europee. Tanti i temi nobili affrontati dall’autore nel suo romanzo stilisticamente perfetto (o perfettino?): amore, omosessualità, pansessualità, amicizia, lavoro, pizzo, molestie, violenza, tradimenti. Tutti argomenti toccati in modo asettico e poco emotivo, non per stupire nè per scandalizzare. Rappresentano la realtà dei personaggi del libro ma non scatenano mai una vera empatia da parte del lettore (me, in questo caso).

Tuttavia la più grande mancanza di tutto il lavoro di Desiati è la totale mancanza di ironia ed autoironia nel trattare temi così delicati e profondi: la voce narrante di Francesco è sempre stanca, rassegnata, aulica nelle sue citazioni di poeti ai margini del canone, triste e tremendamente seria e seriosa. Anche i momenti più trasgressivi del racconto, e ce ne sono molti, appaiono piatti e aridi. Probabilmente è una scelta stilistica dell’autore, che mantiene il lettore distante e poco partecipe, magari solo voglioso di passare alla pagina successiva per “vedere quello che succede”.

Notevole il lavoro di editing che rende il libro ineccepibile nella forma. Un romanzo irrisolto, come la vita dei protagonisti e di tante persone che vivono non nel mondo della carta e della parola.